IL PRINCIPIO DELLA PRECAUZIONE NELLA GESTIONE DELLA SALUTE PUBBLICA

In questi giorni tutti seguono con attenzione le notizie per sapere se e quando sarà possibile fruire di alcuni servizi e taluni criticano chi deve prendere le decisioni per i ritardi.

Nel mio ultimo saggio dedicato al nostro Servizio Sanitario Nazionale ed intitolato “Salute uguale per tutti….noi credevamo…” di oltre 400 pagine, molto spazio è dedicato anche ai principi fondanti del nostro SSN tra i quali è presente quello della precauzione.

Con il termine “precauzione” viene indicato il principio che impone alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi potenziali per la salute pubblica facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi su quelli economici.

Nell’amministrazione europea il modello dell’amministrazione precauzionale tende ad affermarsi come modello di carattere generale e risulta applicabile in molteplici ambiti quali la legislazione sanitaria.

Nell’ordinamento italiano non si rinviene una norma generale che contenga la definizione del principio di precauzione, tuttavia questo è accolto nel diritto interno e viene utilizzato dalla giurisprudenza nazionale anche nel contesto delle decisioni in molti campi.

La Corte Costituzionale si è occupata in più occasioni della materia.

Il Consiglio di Stato ha affermato che il principio di precauzione richiede alle Autorità competenti di stabilire “una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione”.

L’approccio cautelare denota una minore fiducia nei confronti della scienza ed una più seria considerazione per il ruolo del diritto, che deve spingere verso l’esito scientifico maggiormente prudenziale.

Il principio di precauzione comporterebbe allora un’inversione dell’onere della prova,spettando al soggetto che può causare il danno l’onere di dimostrare l’improbabilità dello stesso.

Nel caso in cui non riesca a fornire tale prova, allora sarebbe preferibile un errore per una migliore tutela della salute, anche se ciò dovesse implicare la riduzione degli spazi della libera iniziativa economica o del commercio o comunque un danno per l’economia e per altri interessi pubblici.

Pur nella discrezionalità di cui dispongono le Aziende sanitarie per la tutela della salute, i mezzi che esse scelgono devono essere limitati a quanto effettivamente necessario per garantire il bene che si intende tutelare, essi devono essere, cioè, proporzionati all’obiettivo prefissato scegliendo tra i diversi mezzi a disposizione quello che comporti il minor sacrificio per il privato.

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