
Uno dei problemi più sentiti dai pazienti, dai loro parenti, ma anche dagli operatori più attenti, specialmente in alcune regioni, è quello di una insufficiente integrazione socio sanitaria, della presa in carico della cronicità e dell’assistenza agli anziani.
La Regione Lazio, a differenza di altre regioni, purtroppo sin dai primi anni della sua attuazione e anche dopo l’attuazione della riforma sanitaria ha mantenuto separata l’organizzazione dell’assistenza sanitaria da quella sociale con tutti gli inconvenienti che conosciamo e che “La Sapienza” in una inchiesta svolta per conto di Italia Oggi ha fotografato molto bene

Gli strumenti di programmazione a livello regionale sono il Piano Sanitario Regionale (l’ultimo è quello 2010-2012 che prevedeva il riequilibrio ospedale-territorio, la centralità dei Distretto e lo sviluppo dell’assistenza territoriale, poi abbiamo avuto solo dei Piani di rientro) e il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, approvato solo quest’anno, che avrebbe dovuto essere integrato con il Piano Sanitario Regionale (art. 46 della legge 11/2016).
Tocca poi alle Aziende sanitarie Locali con il Piano Strategico l’attuazione a livello locale delle politiche regionali coinvolgendo gli enti locali.
Il Distretto è la dimensione territoriale in cui si integrano, ai sensi dell’art. 3-septies del D.lgs 502/1992 le prestazioni sociali a valenza sanitaria erogate dai Comuni in forma associata e le prestazioni sanitarie a valenza sociale e a elevata integrazione socio-sanitaria, erogate dal distretto sanitario.
Il Piano Sanitario di zona, che deve essere approvato dalla Conferenza locale sociale e sanitaria, rappresenta lo strumento di programmazione a livello distrettuale con cui vengono individuate le priorità in relazione alle problematiche del territorio, con esso viene definito il quadro finanziario e sono indicate le integrazioni necessarie per realizzare gli obiettivi di benessere socio-sanitario contenuti nel PSR.
A sua volta il Piano sociale di zona deve essere approvato dall’organismo di indirizzo e programmazione dei Comuni del Distretto socio-sanitario d’intesa con l’Azienda USL limitatamente alle attività socio-sanitarie.
È necessario che le programmazioni sociale e sanitaria si confrontino fin dall’avvio del processo con le altre politiche che influenzano salute e benessere sociale (politiche abitative, del lavoro, scolastiche, mobilità.
La spesa delle aziende sanitarie per l’assistenza socio sanitaria (Modello LA Codici 20801-21006) è molto varia passando dai 312 euro della ASL Roma 1, ai 63,85 della Roma 5.

Anche la spesa dei Comuni per la Missione 12 (D.lgs 118/2011) è molto variegata in Italia ma anche all’interno delle stesse regioni passando dai 280 euro pro capite della provincia di Trento, ai 142,58 euro di Ivrea, ai 266 euro della Capitale d’Italia che distribuisce la somma destinata alle politiche sociali come segue:

Nella regione Lazio il livello più basso di spesa per le politiche sociali è raggiunto con i 16 euro del Comune di Castelforte, l’ultimo della provincia di Latina sulle sponde del Garigliano.

Come si capisce vi sono profonde disuguaglianze soprattutto nell’ammontare delle singole voci di spesa previste nei bilanci comunali (infanzia, disabilità, anziani, dipendenze, soggetti a rischio esclusione, famiglia, diritto alla casa).
La dirigenza del Distretto è chiamata a svolgere un lavoro molto importante per integrare i finanziamenti e le altre risorse per dare risposte adeguate alle aspettative dei cittadini.