LE DISPOSIZIONI IN CAMPO SANITARIO CONTENUTE NEL DECRETO LEGGE DI FERRAGOSTO

Il Consiglio dei Ministri con un decreto legge adottato in data 14 agosto, cui è stato attribuito il n. 104 ha emanato una serie di misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia.

Tra queste norme, al Capo III sono state inserite alcune disposizioni in materia di salute riguardanti le liste di attesa e le incentivazioni al personale.

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APPROVATO IN VIA DEFINITIVA DAL SENATO IL DISEGNO DI LEGGE PER LA CONVERSIONE DEL DL 34/2020 IN MATERIA DI SALUTE, SOSTEGNO AL LAVORO ED ECONOMIA

Con 159 voti favorevoli, 121 contrari e nessun’astensione, il Senato oggi 16 luglio ha rinnovato la fiducia al Governo approvando in via definitiva il ddl n. 1874, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 34, in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, politiche sociali connesse all’emergenza da COVID-19, nel testo già licenziato dalla Camera.

IL DECRETO RILANCIO PROSSIMO ALL’APPROVAZIONE DEFINITIVA

Oggi, lunedì 13 luglio la Commissione Bilancio del Senato, con la relazione della sen. Conzatti, avvia l’esame del ddl n. 1874, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 34 in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza da COVID-19. Il termine per presentare emendamenti e ordini del giorno scade martedì 14, alle 10.
Il provvedimento, già approvato dalla Camera, è atteso in Aula il 14 luglio.

BRUCIANO I TAGLI AI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA EFFETTUATI IN ALCUNE REGIONI IN PIANO DI RIENTRO

Nicolas Poussin, La peste di Azoth , 1630-1631

I comma 169-199 dell’art. 1 della legge 311/2004 prevede che le regioni che si trovino in una situazione di grave disavanzo per la parte relativa alla gestione sanitaria, con particolare riguardo alle ipotesi indicate ai commi 174 e 176, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, debbano procedere ad una ricognizione delle cause e ad elaborare un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio.

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LA RIFORMA SANITARIA SOSPESA… RILANCIAMOLA DOPO 40 ANNI

Sono anni che mi batto per ricordare che il Servizio Sanitario Nazionale è basato su prevenzione, assistenza territoriale e assistenza ospedaliera e che fino ad ora è stato troppo sbilanciato verso quest’ultima che avrebbe dovuto essere solo l’ultima fase di cura delle malattie.

Per troppo tempo l’ospedale è stato visto, anche per ragioni campanilistiche come l’unico luogo di cura,dimenticando di investire sulla prevenzione e e sui servizi distrettuali.

Ancora oggi assistiamo a personaggi politici che promettono un ospedale di mille posti letto per essere eletti.

Solo alcune regioni, all’inizio timidamente e poi con sempre maggiore convinzione hanno scelto la strada delle Case della Salute, come una struttura intermedia in grado di avvicinare l’assistenza ai cittadini sia visibilmente, in quanto si tratta di una struttura intermedia, che concretamente.

Proprio allo scopo di divulgare questa novità già alcuni anni fa ho scritto alcuni saggi e poi la prima edizione del mio “Manuale per le Case della Salute”

Ora purtroppo l’epidemia che ha colpito anche il nostro Paese ha ricordato a tutti i politici l’importanza della prevenzione e dell’assistenza territoriale per intercettare le malattie ed evitare il loro aggravarsi.

Sul documento che il Governo ha pubblicato ieri per progettare il rilancio del paese si leggono quelli che sono definiti i punti chiave per un’Italia più equa e più inclusiva ed al primo posto troviamo:

-Rafforzamento delle reti sanitarie del territorio
e della prossimità delle strutture del Servizio
Sanitario Nazionale ai cittadini
– Rafforzamento dei servizi di prevenzione
-Rinnovata integrazione tra politiche sanitarie e
politiche sociali
-Valorizzazione delle politiche per il personale
sanitario
Potenziamento della Sanità Militare (presìdi
ospedalieri e rete interforze di laboratori di
analisi chimico-cliniche, in sinergia con il Servizio
Sanitario Nazionale).

Si tratta di un elenco di buoni proponimenti che per essere attuato richiederà una lunga serie di iniziative legislative che, mi auguro, possano riscuotere l’approvazione del Parlamento, quello stesso che in questi ultimi lunghi trenta anni, ha condotto all’aziendalizzazione e poi alla progressiva privatizzazione del SSN.

Pertanto bene il rafforzamento della prevenzione, ma occorrerà riempire questa idea di buoni contenuti per le varie fasce di età, per le varie categorie e per la prevenzione dei tanti, troppi infortuni sul lavoro che ancora oggi mietono vittime.

Benissimo il rafforzamento delle politiche per il territorio e delle reti di prossimità, ma servirà molto personale qualificato a rapporto d’impiego.

Saranno necessari anche molti decreti attuativi (pensiamo che già ora il Ministero della salute in base al DL 34/2020 deve emanarne otto).

Ma prima di tutto sarebbe ora che venisse fatto il punto su “pubblico o privato”, una domanda che chi a suo tempo approvò il National Health Service si era posto decidendo nettamente per il pubblico, tanto che la case di cura private non erano convenzionate con il NHS e potevano lavorare solo per pazienti a pagamento.

Lo stesso discorso valeva e vale in Gran Bretagna per i medici di famiglia (e i pediatri di libera scelta), da sempre dipendenti e formati in ospedale.

Insomma, sarebbe ora che la prima proposta di riforma sanitaria presentata all’inizio degli anni ’70 dall’allora Ministro Mariotti rimasta sospesa a causa del presidente del Consiglio Colombo (e poi modificata strada facendo dalla DC che decise di non toccare molti interessi), venisse completata.

A quaranta anni dall’attuazione della riforma, andrebbero ridiscussi proprio questi principi fondamentali, infatti se è bellissimo parlare di rafforzare prevenzione e territorio il problema è capire come, dato che mentre la prevenzione ai privati non interessa dato che non produce vantaggi ma se ne servono talora solo per farsi pubblicità e per avvicinare possibili clienti, sul territorio troviamo in azione moltissimi privati che fanno assistenza domiciliare, che gestiscono laboratori di analisi, gabinetti radiologici, poliambulatori, gabinetti di fisiochinesiterapia, ecc. ecc.

Volendo allargare il discorso all’assistenza ospedaliera troviamo che spesso il 50% dei posti letto in molte regioni è coperto da privati accreditati e che all’interno degli ospedali pubblici la quasi totalità dei servizi è affidata a imprese o cooperative private.

Nel mio ultimo saggio “Salute uguale per tutti…noi credevamo” , c’è una parte dedicata proprio al problema della esternalizzazione e della reinternalizzazione dei servizi.

A tutto ciò dobbiamo aggiungere la questione dei Fondi assicurativi che negli ultimi anni hanno ricevuto anche dei benefici fiscali da parte del Parlamento e che indeboliscono il SSN.

Last but not the least: il problema della prevenzione della corruzione, che inevitabilmente sarà più facile gestire se non si dovranno più fare gare per l’affidamento all’esterno dei servizi e se ci saranno meno soggetti esterni da controllare. A questo proposito ricordo che secondo l’Istituto per la promozione dell’etica in sanità il fenomeno della corruzione inciderebbe per oltre sei miliari di euro sulla spesa sanitaria.

Sappiamo che il Ministro Speranza è molto determinato su questi punti e che è circondato da persone qualificate, dobbiamo quindi augurarci che tutto vada per il meglio.

MOLTE AMMINISTRAZIONI ANCORA NON PREVENGONO IL C.D. PANTOUFLAGE; ORA L’ANAC PROPONE AL PARLAMENTO DI VIETARE LE REVOLVING DOORS AI POLITICI

Com’è noto la legge 190/2012 ha introdotto nell’art. 53 del D.lgs 16572001 il comma 16-ter una norma (definita pantouflage) in base alla quale i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.

Purtroppo molte amministrazioni non hanno ancora provveduto a dare concreta attuazione alla norma la cui ratio della norma è volta al tentativo di ridurre il rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivamente alla cessazione del rapporto di
lavoro. Si intende cioè evitare che durante il periodo di servizio il dipendente possa precostituirsi situazioni lavorative vantaggiose sfruttando la propria posizione e il proprio potere all’interno dell’amministrazione al fine di ottenere un lavoro con l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto.

Allo scopo di prevenire possibili violazioni di legge è opportuno che gli uffici competenti provvedano a:

-inserire nei contratti di assunzione del personale la clausola che prevede il divieto di prestare attività lavorativa (a titolo di lavoro subordinato o di lavoro autonomo) per i tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego presso i destinatari di provvedimenti adottati o di contratti conclusi con l’apporto decisionale del dipendente stesso;
-inserire nei bandi di gara o negli atti prodromici agli affidamenti, anche mediante procedura negoziata, la condizione di non aver concluso contratti di lavoro subordinato o autonomo e comunque di non aver attribuito incarichi ad ex dipendenti, che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni nei loro confronti per il triennio successivo alla cessazione del rapporto;
-disporre l’esclusione dalle dalle procedure di affidamento, dei soggetti per i quali sia emersa la situazione di cui al punto precedente
-segnalare i casi di violazione del divieto contenuto nell’art. 53, comma 16-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Nei contratti deve verificarsi l’avvenuto inserimento della clausola di cui sopra .
I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione della normativa di cui sopra sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi
eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
In considerazione di talune problematiche sorte in sede applicativa l’ANAC ha ritenuto, con delibera n. 448/2020 di effettuare una segnalazione al Parlamento suggerendo alcune modifiche.

Le proposte dell’ANAC attengono in particolare alla estensione del regime delle inconferibilità e delle incompatibilità con la previsione di una disciplina per le cariche politiche non solo per la “provenienza” (in parte già prevista) ma anche la “destinazione”. A tale riguardo, si proponeva di circoscrivere l’intervento normativo alle cariche politiche conferite per nomina, quindi non elettive. Vedremo cosa farà il Parlamento.

Resta ancora aperta peraltro la possibilità per il personale sanitario collocato in quiescenza di andare a lavorare presso case di cura private accreditate (che quindi percepiscono somme dalla regione), utilizzando così la formazione e la notorietà acquisti negli ospedali pubblici per fare concorrenza alle stesse strutture dove hanno lavorato.

C’è ancora molta strada da fare.

MEMORIA DELLA CORTE DEI CONTI SUL D.L. 34/2020 RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI SALUTE E DI SOSTEGNO ALL’ECONOMIA

Roma, Corte dei conti, ex caserma Montezemolo, ingresso di via Baiamonti

La Corte dei conti il 28 maggio ha trasmesso alla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati la propria Memoria sul decreto-legge n. 34/2020 recante misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all’economia (A.C. 2500).

“Come già osservato in occasione della manovra finanziaria dello scorso marzo, in un contesto di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attraversando, la politica di bilancio è chiamata a giocare un ruolo indispensabile” osserva la magistratura contabile, aggiungendo che “La necessità di prevedere un lungo periodo di convivenza con il virus (in attesa degli sviluppi attesi sul fronte delle cure e del vaccino) richiede, innanzitutto, di rafforzare il sistema sanitario adeguandolo ad una emergenza particolare, consentendo in tal modo di corrispondere alle attese di cura dei cittadini. Di qui non si può che condividere lo sforzo operato nel decreto di incidere sull’assistenza territoriale, prevedendo misure che, pur concepite nell’emergenza, sembrano destinate a estendere la loro validità anche oltre tale limite”.

Il documento, richiesto nell’ambito del ciclo di audizioni sul d.l 34/2020, dopo aver esaminato il contesto macroeconomico in cui si colloca l’intervento e il quadro complessivo della manovra, si sofferma sulle singole misure e in particolare su quelle per la sanità scrivendo quanto segue.

Il decreto prevede per il sistema sanitario interventi per 3,2 miliardi nel 2020 e 1,7 miliardi nel 2021 (al lordo degli oneri riflessi), che si vanno ad aggiungere a quelli già stanziati con il decreto “Cura Italia” (1,4 miliardi). A tale importo si aggiungono poi 1,5 miliardi destinati alla Protezione civile per la gestione del prosieguo dell’emergenza.
Si tratta di misure che riguardano l’assistenza territoriale (1,256 miliardi nel 2020), il riordino degli ospedali ed il rafforzamento dei posti di terapia intensiva (1,467 miliardi), il personale sanitario (430,9 milioni), la sanità militare (87 milioni) e i contratti di specializzazione medica (105 milioni per finanziare 3.800 contratti di specializzazione medica in più).
Viene poi ridotta al 5 per cento dal 2021 e abolita, fino al 31 dicembre 2020, l’Iva su mascherine e altri prodotti utili in questa emergenza, una misura che comporta minori entrate per 257 milioni nell’anno in corso e 317 a partire dal prossimo esercizio.
Numerose poi le norme rilevanti ma prive di effetti finanziari, dirette a risolvere difficoltà di carattere pratico legate alla fase che stiamo vivendo, quali ad esempio il rinnovo delle prescrizioni farmaceutiche o il prolungamento della durata dei piani terapeutici per la fornitura di ausili e dispositivi medici, ma anche il potenziamento delle basi conoscitive del sistema sanitario.

All’art. 1 si prevede che le Regioni adottino piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale territoriale, per un monitoraggio costante e un tracciamento precoce dei casi e dei contatti, al fine della relativa identificazione, isolamento e trattamento. Dovranno essere incrementate le attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite e le altre strutture residenziali. I piani sono recepiti nei programmi operativi di cui all’art.18, comma 1, del decreto-legge 18/2020 (comma 1).

Complessivamente tali misure comportano una maggiore spesa di 1.256,6 milioni nel 2020 e 1.246,5 milioni a decorrere dal 2021. Mentre per l’esercizio in corso viene corrispondentemente innalzato il livello di finanziamento del fabbisogno nazionale standard cui concorre lo Stato, dal prossimo sono a valere sulle risorse previste a legislazione vigente.
Viene inoltre interamente ripartito tra le regioni l’importo autorizzato per il 2020, di cui 1.184,4 milioni in proporzione alla quota di accesso al fabbisogno indistinto, mentre le risorse destinate alle centrali operative sono ripartite in base ai costi di attivazione e funzionamento delle stesse. Per quanto riguarda il 2021 e anni successivi, si provvede alla ripartizione dei 480 milioni annui relativi all’assunzione degli infermieri di comunità. Nei limiti della maggiore spesa come ripartita, si autorizzano le regioni a derogare ai vincoli posti dalla legislazione vigente alle assunzioni di personale (comma 10).
In continuità con quanto già disposto nella recente decretazione d’urgenza connessa all’emergenza sanitaria, gli interventi normativi hanno assunto, naturalmente, carattere di straordinarietà e di eccezionalità che, tuttavia, non facilitano quel processo di armonizzazione delle regole in materia di lavoro pubblico, di cui continua ad avvertirsi la necessità. Anche nel provvedimento in esame, la gran parte delle misure che sono state adottate in materia di personale hanno riguardato principalmente il potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale attraverso l’estensione temporale delle modalità di reclutamento straordinario di personale medico ed infermieristico anche, in taluni casi, attraverso contratti di lavoro autonomo. Oltre al personale del SSN anche quello militare dell’area sanitaria è inserito in questo processo di rafforzamento emergenziale con specifiche previsioni. Altrettanto indispensabili, per far fronte al maggior carico di lavoro del personale coinvolto nell’emergenza, appaiono gli interventi normativi che alimentano, con risorse ad hoc, i fondi che remunerano la gravosità delle condizioni di lavoro oltre che i fondi per corrispondere i compensi per lavoro straordinario dei settori maggiormente esposti.
Pur non disconoscendo la complessità generale del momento la Corte, come peraltro già segnalato in recenti relazioni al Parlamento, auspica che la disciplina del personale che opera alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni possa formare oggetto di un più organico intervento normativo che consenta di ridurre le criticità che hanno caratterizzato il lavoro nelle pubbliche amministrazioni durante lo scorso decennio e che, data la fase emergenziale, si sono manifestate principalmente nel settore della sanità.

All’art. 2 si dispone il riordino della rete ospedaliera al fine, da un lato, di ridefinire e rendere strutturale la risposta alla domanda di aumento delle necessità assistenziali nel prosieguo della situazione infettivologa, anche facendo fronte ad eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica, e, dall’altro, di ripristinare gradualmente le attività ordinarie. Ciò, contestualmente alla previsione di una adeguata rete logistica, organizzata per la rotazione e distribuzione delle attrezzature e strumentazioni.
Le regioni dovranno garantire l’incremento di attività in regime di ricovero in terapia intensiva, tramite un apposito Piano di riorganizzazione.

Per tali finalità è autorizzato uno stanziamento di 1,467 miliardi per il 2020, di cui si dispone la ripartizione tra le regioni, al netto dei 54,3 milioni previsti per le strutture mobili. Ulteriori 25 milioni per gli oneri di manutenzione sono previsti a decorrere dal 2021, a valere sul livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per l’anno di riferimento.
A seguito dell’approvazione dei piani operativi, tali risorse sono trasferite al Commissario straordinario che procederà alla loro attuazione, in raccordo con le regioni ed eventualmente delegando i propri poteri ai Presidenti delle stesse. Le regioni e gli enti dei rispettivi SSR provvedono alla rendicontazione delle spese sostenute, come previsto dall’art. 18 del decreto-legge 18; qualora le regioni abbiano già provveduto alla realizzazione delle opere prima dell’entrata in vigore del decreto in esame, il Commissario provvede a finanziarle a valere su tali risorse.

Per la realizzazione delle opere edilizie, che sono proprietà delle rispettive aziende del SSN, si può procedere in deroga alle disposizioni di cui al d.P.R. 380/2001, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali e, sino alla fine dello stato di emergenza (31 gennaio 2021) agli obblighi del d.P.R. 151/2011.
È poi disposta una spesa di 430,9 milioni per il 2020 e 347 milioni a decorrere dal 2021 per il personale sanitario. Gli importi, di cui si dispone la ripartizione in base alle quote di accesso al finanziamento del FSN, sono relativi per 51,9 milioni (83,2 milioni nel 2021) al personale necessario all’operatività dei mezzi di trasporto (comma 5, 2° periodo), da assumere con decorrenza 15 maggio 2020; per 189 milioni nel 2020 (263,9 dal 2021) ad integrazione delle somme previste dal decreto-legge 18/2020 per le assunzioni del personale ospedaliero necessario al rafforzamento dei posti di terapia intensiva (commi 1 e 7); per 190 milioni ad integrazione delle risorse stanziate dal decreto-legge 18, di cui si dispone la modifica dell’articolo 1, commi 1 e 2, al fine di utilizzarle non solo per la remunerazione del lavoro straordinario, ma più in generale come riconoscimento di un’indennità per le condizioni di lavoro più gravose (comma 6)..
L’articolo 2 comma 6 estende la portata applicativa di una delle disposizioni già contenute nel d.l. n. 18/2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020), con cui erano state individuate risorse ulteriori per far fronte alle “prestazioni di lavoro straordinario” del personale coinvolto nell’emergenza sanitaria. La Corte aveva già segnalato in occasione dell’audizione parlamentare per la conversione del citato provvedimento d’urgenza, che sarebbe stato necessario riformulare la previsione normativa tenendo conto della nuova articolazione delle risorse contrattuali definita nei recenti contratti nazionali di lavoro del personale medico e delle professionalità sanitarie. La formulazione ora proposta, pertanto, fa riferimento ai fondi che remunerano tutte le particolari condizioni di lavoro e non solo i compensi per il lavoro straordinario. La disposizione consente, inoltre, alle regioni ed alle province autonome di aumentare la quantità complessiva delle risorse già stanziate per i fondi contrattuali in questione, fino al doppio del loro attuale valore.

Si autorizzano inoltre le regioni, comprese quelle in Piano di rientro, a riconoscere alle strutture inserite nei piani adottati in attuazione dell’art. 3, comma 1, lett b), del d.l. 18 la remunerazione di una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti e alla gestione dell’emergenza e un incremento tariffario per le attività rese a pazienti Covid. (art. 4).

Nelle conclusioni, la Corte avverte: “Come già osservato in occasione del decreto dello scorso marzo, determinante sarà erogare rapidamente agli aventi diritto i fondi stanziati, riducendo al minimo quei passaggi amministrativi non indispensabili che possono determinare un rallentamento e, quindi, una riduzione nell’efficacia delle misure assunte”.

LA PROPOSTA PER LA DEFINIZIONE DEI COMPITI DEL NUOVO INFERMIERE DI FAMIGLIA E DI COMUNITA’

Tra i punti qualificanti del nuovo decreto legge 34/2020 è previsto il potenziamento dell’assistenza territoriale utilizzando una serie di strumenti tra i quali è prevista l’istituzione dell’infermiere di famiglia e di comunità.

Proprio in questi giorni è stata presentato dalla sen. Boldrini un nuovo disegno di legge (A.S. 1751) con il quale si prevede di attribuire a questa nuova figura i seguenti compiti:
a) è responsabile della gestione dei pro­cessi infermieristici in ambito comunitario,compreso quello familiare, operando in col­laborazione con un’ équipe multidisciplinare al fine di favorire la soddisfazione dei biso­gni di salute degli individui e delle famiglie e di gestire le malattie e le disabilità croni­che;
b) in associazione con altre figure pro­fessionali, fornisce consigli sugli stili di vitae sui fattori di rischio;
c) si rende garante della presa in carico del paziente lungo l’intero percorso assisten­ziale e della continuità delle cure, promuo­vendo la cooperazione tra gli operatori coin­volti nel percorso di cura; effettua educa­zione terapeutica rendendosi altresì garante dell’adesione dei pazienti ai necessari con­trolli periodici, nonché della cura e della ri­levazione, al loro insorgere, dei problemi sa­nitari delle famiglie attraverso la valutazione infermieristica precoce;
d) identifica gli effetti dei fattori socio-economici sulla salute della famiglia e attiva l’intervento o l’inserimento nella rete dei servizi territoriali; è responsabile dell’assi­stenza infermieristica rivolta alle persone e alle famiglie in ambito comunitario, nonché dei modelli assistenziali proposti, con atten­zione agli aspetti preventivi, curativi e riabi­litativi clinico-assistenziali e psico-educativi,in una prospettiva multidisciplinare;
e) analizza i bisogni del paziente e della famiglia e garantisce sul territorio la continuità assistenziale contribuendo alla promozione della salute;
f) è responsabile della gestione dei pro­cessi assistenziali sanitari e socio-sanitari nell’ambito della comunità, prendendo in ca­rico il paziente con i suoi bisogni assisten­ziali, definendo gli interventi in collabora­zione con il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta o il consulente me­dico specialista, sostenendo l’integrazione delle attività di altri operatori sanitari e so­cio-sanitari, nonché occupandosi dell’educa­zione sanitaria del paziente e dei suoi fami­liari;
g) agisce in stretta collaborazione con il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta e gli altri componenti della rete dei servizi sanitari, secondo strategie inte­grate.

Questa proposta arriva poco dopo che l’OMS ha resa pubblica la desi­gnazione dell’anno 2020 come «anno del­l’infermiera/e», prevedendo iniziative cele­brative in tutto il mondo.

L’ART.2 DEL D.L. 34/2020 STABILISCE NUOVE NORME PER IL RIORDINO DELLA RETE OSPEDALIERA

Uno dei più gravi problemi incontrati all’avvio della pandemia è stato quello della gravissima carenza di posti letto di terapia intensiva.

Ora con il D.L. 34/2020 il Governo ha affrontato questo problema.

In particolare l’art. 2 del predetto D.L. 34/2020 viene stabilito quanto segue:

Le regioni e le province autonome, al fine di rafforzare strutturalmente il Servizio sanitario nazionale in ambito ospedaliero, tramite apposito piano di riorganizzazione volto a fronteggiare adeguatamente le emergenze pandemiche, come quella da COVID-19 in corso, garantiscono l’incremento di attività in regime di ricovero in Terapia Intensiva e in aree di assistenza ad alta
intensità di cure, rendendo strutturale la risposta all’aumento significativo della domanda di assistenza in relazione alle successive fasi di gestione della situazione epidemiologica correlata al virus Sars-CoV-2, ai suoi esiti e a eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica. I piani di riorganizzazione di cui al presente comma, come approvati dal Ministero della salute secondo la metodologia di cui al comma 8, sono recepiti nei programmi operativi di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell’economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi. Ai fini del presente comma e nel rispetto dei principi di separazione e sicurezza dei percorsi, è resa, altresì, strutturale sul territorio nazionale la dotazione di almeno 3.500 posti letto di terapia intensiva. Per ciascuna regione e provincia autonoma, tale incremento strutturale determina una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti.

Le regioni e le province autonome programmano una riqualificazione di 4.225 posti letto di area semi-intensiva, con relativa dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione, mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica, prevedendo che tali postazioni siano fruibili sia in regime ordinario, sia in regime di trattamento infettivologico ad alta intensità di cure. In relazione all’andamento della curva pandemica, per almeno il 50 per cento dei posti letto di cui al presente comma, si prevede la possibilità di immediata conversione in posti letti di terapia intensiva, mediante integrazione delle singole postazioni con la necessaria strumentazione di ventilazione e monitoraggio. Al funzionamento dei predetti posti letto, a decorrere dal 2021, si provvede con le risorse umane programmate a legislazione vigente.

Allo scopo di fronteggiare l’emergenza pandemica, e comunque fino al 31 dicembre 2020, si rendono disponibili, per un periodo massimo di 4 mesi dalla data di attivazione, 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisi in 4 strutture movimentabili, ciascuna delle quali dotata di 75 posti letto, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione e provincia autonoma.

Le regioni e le province autonome, che abbiano individuato unita’ assistenziali in regime di ricovero per pazienti affetti dal COVID-19, nell’ambito delle strutture ospedaliere, provvedono a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale e assicurano la ristrutturazione dei Pronto Soccorso con
l’individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi.

Le regioni e le province autonome sono autorizzate a implementare i mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari per i pazienti COVID-19, per le dimissioni protette e per i trasporti interospedalieri per pazienti non affetti da COVID-19. Per l’operatività di tali mezzi di trasporto, le regioni e le province
autonome possono assumere personale dipendente medico, infermieristico e operatore tecnico, con decorrenza 15 maggio 2020.

Mi auguro che questo sia solo l’inizio e che con la revisione degli standard ospedalieri di cui al DM 70/2015 prevista dal Patto della Salute si possa arrivare ad avere una rete ospedaliera adeguata alle esigenze della popolazione e articolata in maniera adeguata sul territorio anziché, come avviene ora, concentrata nelle metropoli.

LE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO D’EUROPA ALL’ITALIA SUL PROGRAMMA NAZIONALE DI RIFORMA 2020

Il Consiglio d’Europa ha formulato un parere sul programma di stabilità 2020 dell’italia del quale riprendo alcuni passaggi che ritengo importanti, tra i quali alcuni che riguardano specificamente l’organizzazione del SSN:

L’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi. In particolare l’elevato debito pubblico e la prolungata debolezza della dinamica della produttività comportano rischi di rilevanza transfrontaliera, in un contesto caratterizzato da un’elevata disoccupazione e un livello di crediti deteriorati ancora alto.

L’Italia è attualmente nel braccio preventivo del patto di stabilità e crescita ed è soggetta alla regola del debito.
Nel suo programma di stabilità 2020 il governo prevede un peggioramento del saldo nominale, che passerà da un disavanzo dell’1,6 % del PIL nel 2019 a un disavanzo del 10,4 % del PIL nel 2020. Secondo le proiezioni il disavanzo scenderà al 5,7 % del PIL nel 2021. Dopo essersi stabilizzato al 134,8 % nel 2019, secondo il programma di stabilità 2020 il rapporto debito pubblico/PIL salirà al 155,7 % nel 2020. Le prospettive macroeconomiche e di bilancio risentono dell’elevata incertezza dovuta alla pandemia di Covid-19. Alla base delle proiezioni di bilancio vi sono rischi specifici del paese, vale a dire l’entità considerevole delle garanzie pubbliche e la volatilità dei rendimenti dei titoli sovrani.

In risposta alla pandemia di Covid-19 e nel quadro di un approccio coordinato a livello dell’Unione, l’Italia ha adottato misure di bilancio per aumentare la capacità del suo sistema sanitario, contenere la pandemia e fornire sostegno alle persone e ai settori che sono stati colpiti in modo particolare. Secondo il programma di stabilità 2020, tali misure di bilancio sono pari al 4,5 % del PIL nel 2020. Esse comprendono il rafforzamento dell’assistenza sanitaria e della protezione civile, l’estensione dei regimi di integrazione salariale e il sostegno finanziario a lavoratori autonomi e imprese.

La pandemia di Covid-19 ha sottoposto il sistema sanitario nazionale a una pressione senza precedenti, facendo emergere debolezze strutturali e la necessità di incrementare la preparazione in risposta agli eventi di crisi. Nonostante la spesa sanitaria sia inferiore alla media dell’UE, il sistema sanitario italiano è caratterizzato da servizi universali altamente specializzati e di buona qualità e in generale è riuscito a fornire un’assistenza accessibile. Tuttavia, soprattutto all’inizio della pandemia, la frammentazione nella governance del sistema sanitario e nel coordinamento tra autorità centrali e regionali ha rallentato l’attuazione di alcune misure di contenimento. La risposta dei sistemi sanitari regionali alla crisi si è basata principalmente su una mobilitazione straordinaria, in particolare del personale sanitario e dei servizi sociali locali, che ha compensato i limiti dell’infrastruttura fisica, del numero di operatori sanitari e degli investimenti degli anni passati volti a migliorare le strutture e i servizi. Il governo italiano ha compiuto sforzi notevoli per contenere la diffusione del virus, alleviare la pressione sugli ospedali e generare ulteriore capacità di assistenza. È attualmente in fase di elaborazione una strategia di contenimento a più lungo termine per garantire un ritorno in sicurezza alle attività produttive. Oltre a migliorare i processi di governance e i piani di preparazione alle crisi, le politiche post Covid-19 dovrebbero puntare a colmare la carenza di investimenti pubblici nell’assistenza sanitaria. Nel medio-lungo termine lo sviluppo di un piano strategico di investimenti sarà fondamentale per migliorare la resilienza del sistema sanitario italiano e garantire continuità nella prestazione di servizi di assistenza accessibili. A fronte delle attuali proiezioni relative alla forza lavoro nel settore sanitario, dovrebbe essere data priorità all’elaborazione di politiche volte a rimuovere gli impedimenti alla formazione, all’assunzione e al mantenimento in servizio del personale sanitario.

Pertanto il Consiglio ha Raccomandato che l’Italia adotti nel 2020 e ne 2021 provvedimenti al fine di:

1 attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l’economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti; rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali;

2 fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici; attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione; rafforzare l’apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali;

3 garantire l’effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all’economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell’energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e su un’infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali;

4 migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione.