“IL DIRITTO ALLA SALUTE NEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE” SARA’ PRESENTATO PER LA PRIMA VOLTA ALL’ABBAZIA DI SAN NILO DI GROTTAFERRATA DALL’ASSOCIAZIONE NUOVI CASTELLI ROMANI

Grottaferrata (RM), Abbazia di
San Nilo, 1004

Sabato 14 alle ore 10, l’Associazione Nuovi Castelli Romani presenta il mio nuovo libro “Il diritto alla salute nel Servizio Sanitario Nazionale” nell’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata.

Interverranno l’autore della prefazione il prof. Cesare Pinelli, ordinario di diritto pubblico e il prof. Claudio Letizia, ordinario di medicina interna entrambi dell’Università “Sapienza” di Roma; il Sindaco del Comune di Frascati Francesca Sbardella, il Sindaco del Comune di Nemi Alberto Bertucci, il Sindaco del comune di Castel Gandolfo Milvia Monachesi e il direttore sanitario dell’azienda USL Roma 6 dott. Roberto Corsi.

Saranno presenti: mons. Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare di Roma; il sen. Bruno Astorre, Francesco Pittoni, Vice Presidente Vicario dell’UNAR; Francesco De Feo, Egumeno del Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata e il dott. Ettore Pompili, Presidente onorario dell’Associazione NCR.

Il libro è diviso in sei parti:
1) Il processo della riforma
2) L’assistenza sanitaria
3) Organizzazione centrale del SSN
4) Organizzazione regionale del SSR
5) Strutture operative e loro funzioni
6) Diritti e responsabilità delle persone

Complessivamente sono 630 pagine con oltre 800 note di dottrina e giurisprudenza

Un libro scritto in maniera chiara e comprensibile anche per chi non ha una formazione giuridica e che spiega in maniera diffusa tutta la materia.

Molta attenzione è posta alla gestione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e informatiche, ma anche sono trattate diffusamente anche tutte le altre funzioni come quelle dell’informazione e della partecipazione, princìpi rigorosamente dettati dalle norme e che troppo spesso non trovano riflesso nemmeno per sbaglio nell’operare concreto.

Viene sottolineata l’importanza degli organi di indirizzo (es. Sindaci, Conferenza locale sociale e sanitaria per le aziende sanitarie locali, ecc.) ma anche il ruolo dei cittadini proclamato da tutti, ma scarsamente rispettato.

Una occasione molto speciale, sia per il luogo prescelto che per le persone che saranno presenti.

Una occasione molto speciale, sia per il luogo prescelto che per le persone che saranno presenti.

Un volume che può essere utile per chi deve studiare, per chi vuole prepararsi per un concorso, ma anche per chi già lavora e vuole aggiornarsi anche per difendere i propri diritti, oltre che per avvocati che devono rappresentare qualche paziente o dipendente.

IL PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE PROF. CORAGGIO SOLLECITA UN FORTE POTERE DI CORDINAMENTO E, SE OCCORRE DI CORREZIONE DELLE INEFFICIENZE REGIONALI, DA PARTE DELLO STATO

Corte Costituzionale

All’inizio dell’epidemia si sono verificate numerose discrasie nei rapporti tra Stato centrale e Regioni soprattutto sulle competenze.

Taluni hanno proposto di tornare ad accentrare tutto al Ministero della Salute.

Nell’ultima edizione del mio “Salute uguale per tutti…noi credevamo” ho approfondito questa tematica che è stata affrontata anche da molti insigni costituzionalisti.

Tutti sono concordi nella necessità di migliorare il coordinamento sulla sanità tra tutti i soggetti: Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato che costituiscono la Repubblica definendo le procedure attuative della lettera q) dell’art.117 e dell’art.120 della Costituzione allo scopo di prevenire i problemi che si sono verificati nei rapporti Stato-Regioni durante l’epidemia[1].

Continua a leggere “IL PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE PROF. CORAGGIO SOLLECITA UN FORTE POTERE DI CORDINAMENTO E, SE OCCORRE DI CORREZIONE DELLE INEFFICIENZE REGIONALI, DA PARTE DELLO STATO”

IL 21 MAGGIO L’ITALIA OSPITERA’ IL GLOBAL HEALTH SUMMIT

Il 21 maggio 2021 a Roma, l’Italia, in qualità di presidente del G20, e la Commissione europea ospiteranno insieme il Global Health Summit.

Il vertice è un’opportunità per il G20 e per i leader invitati, i capi delle organizzazioni internazionali e regionali e i rappresentanti degli organismi sanitari globali, di condividere le lezioni apprese dalla pandemia COVID-19 e di sviluppare e approvare una “Dichiarazione di Roma” di princìpi.

Continua a leggere “IL 21 MAGGIO L’ITALIA OSPITERA’ IL GLOBAL HEALTH SUMMIT”

IL MANCATO POTENZIAMENTO DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE COSTRINGE I PAZIENTI A RIVOLGERSI AGLI OSPEDALI CHE NON SONO PIU’ IN GRADO DI DARE RISPOSTE A TUTTI A CAUSA DEL TAGLIO DEI POSTI LETTO STABILITO DAL DM 70 DEL 2015

Nell’ambito delle audizioni informali, in videoconferenza, in merito al “potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale nell’epoca post Covid” (atto n. 569) l’Ufficio di presidenza della commissione igiene e sanità del Senato ha sentito il 3 novembre scorso il Presidente dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), Domenico Mantoan.

Dai dati presentati, secondo quanto riferito da IlSole24ore, sono emerse le profonde differenze nel rapporto tra infermieri e popolazione rispetto agli altri paesi europei: addirittura ha 13 infermieri per ogni mille abitanti mentre in Italia siamo molto sotto a questo parametro. Secondo dati elaborati personalmente alcune province sono addirittura sotto al 6×100.

Ma in Italia anche il rapporto posti letto abitanti è molto basso e addirittura inferiore a quello previsto dal famoso DM 70 del 2015 che prevede il 3×1000 per gli acuti e lo 0,7 per la riabilitazione.

Si sarebbe dovuta potenziare l’assistenza domiciliare, ma questo, a distanza cinque anni ancora non è stato fatto per cui i pazienti seguitano a rivolgersi agli ospedali dove trovano strutture non più adeguate ad accoglierli.

Ora, sotto la spinta dell’emergenza COVID sembra che qualcosa comincia a muoversi a livello di assistenza territoriale e che tra Unità Speciali di Continuità Assistenziali (USCA) e infermieri di comunità finalmente si cercherà di assistere a casa malati ed anziani. Ma il tempo stringe e gli ospedali sono al collasso e con essi il sistema dell’emergenza territoriale.

L’ULTIMO INSTANT REPORT DI ALTEMS SUI MODELLI ORGANIZZATIVI DI RISPOSTA AL COVID-19

L’Alta Scuola d Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica proseguendo nell’analisi dei modelli organizzativi di risposta al COVID-19 ha pubblicato in data 29 ottobre un nuovo Instant Report con l’obiettivo di presentare un confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale e in 6 Regioni italiane, che rappresentano il 52% della popolazione nazionale e che al 27 Ottobre hanno il 57% dei positivi al virus rispetto al totale dei positivi sul territorio nazionale e il 65% dei casi. In queste Regioni sono deceduti l’81% delle 37.700 persone che abbiamo perduto dall’inizio del contagio.
• Il gruppo di lavoro dell’Università Cattolica ha elaborato un sistema di indicatori utile a valutare l’effetto che i diversi provvedimenti emergenziali (adottati a livello nazionale e a livello regionale) hanno avuto sull’andamento del contagio e per comprendere le implicazioni sui modelli organizzativi progressivamente adottati sul territorio nazionale.
• La finalità è comprendere meglio le implicazioni delle diverse strategie adottate dalle Regioni per fronteggiare la diffusione del virus e le conseguenze del Covid-19 in contesti diversi per
trarne indicazioni per il futuro prossimo e per acquisire insegnamenti derivanti da questa drammatica esperienza.

Si tratta di un report veramente molto interessante ed utile.

L’AUDIZIONE DEL MINISTRO DELLA SALUTE ROBERTO SPERANZA PRESSO LA COMMISSIONE IGIENE E SANITA’ DEL SENATO

La Commissione igiene e sanità del Senato presieduta dalla Sen. Parente nelle seduta di ieri 29 settembre ha proceduto all’Audizione del Ministro della salute sull’individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund.  

Il MINISTRO della salute Roberto Speranza ha proceduto a svolgere una relazione sui temi oggetto della procedura informativa.

Il Ministro ha spiegato che il Piano è basato su tre assi principali:
1) territorio e sanità di prossimità;
2) ospedali in rete;
3) salute e ambiente.
Secondo il Ministro occorre superare l’attuale organizzazione del sistema sanitario di tipo verticale come purtroppo troviamo ancora in molte aziende sanitarie locali per trasformarlo in un sistema circolare con un modello orizzontale che accompagna i cittadini.
Un altro punto importante sottolineato dal Ministro è l’eliminazione delle disuguaglianze tra le regioni in campo sanitario.

Continua a leggere “L’AUDIZIONE DEL MINISTRO DELLA SALUTE ROBERTO SPERANZA PRESSO LA COMMISSIONE IGIENE E SANITA’ DEL SENATO”

L’ART.2 DEL D.L. 34/2020 STABILISCE NUOVE NORME PER IL RIORDINO DELLA RETE OSPEDALIERA

Uno dei più gravi problemi incontrati all’avvio della pandemia è stato quello della gravissima carenza di posti letto di terapia intensiva.

Ora con il D.L. 34/2020 il Governo ha affrontato questo problema.

In particolare l’art. 2 del predetto D.L. 34/2020 viene stabilito quanto segue:

Le regioni e le province autonome, al fine di rafforzare strutturalmente il Servizio sanitario nazionale in ambito ospedaliero, tramite apposito piano di riorganizzazione volto a fronteggiare adeguatamente le emergenze pandemiche, come quella da COVID-19 in corso, garantiscono l’incremento di attività in regime di ricovero in Terapia Intensiva e in aree di assistenza ad alta
intensità di cure, rendendo strutturale la risposta all’aumento significativo della domanda di assistenza in relazione alle successive fasi di gestione della situazione epidemiologica correlata al virus Sars-CoV-2, ai suoi esiti e a eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica. I piani di riorganizzazione di cui al presente comma, come approvati dal Ministero della salute secondo la metodologia di cui al comma 8, sono recepiti nei programmi operativi di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell’economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi. Ai fini del presente comma e nel rispetto dei principi di separazione e sicurezza dei percorsi, è resa, altresì, strutturale sul territorio nazionale la dotazione di almeno 3.500 posti letto di terapia intensiva. Per ciascuna regione e provincia autonoma, tale incremento strutturale determina una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti.

Le regioni e le province autonome programmano una riqualificazione di 4.225 posti letto di area semi-intensiva, con relativa dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione, mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica, prevedendo che tali postazioni siano fruibili sia in regime ordinario, sia in regime di trattamento infettivologico ad alta intensità di cure. In relazione all’andamento della curva pandemica, per almeno il 50 per cento dei posti letto di cui al presente comma, si prevede la possibilità di immediata conversione in posti letti di terapia intensiva, mediante integrazione delle singole postazioni con la necessaria strumentazione di ventilazione e monitoraggio. Al funzionamento dei predetti posti letto, a decorrere dal 2021, si provvede con le risorse umane programmate a legislazione vigente.

Allo scopo di fronteggiare l’emergenza pandemica, e comunque fino al 31 dicembre 2020, si rendono disponibili, per un periodo massimo di 4 mesi dalla data di attivazione, 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisi in 4 strutture movimentabili, ciascuna delle quali dotata di 75 posti letto, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione e provincia autonoma.

Le regioni e le province autonome, che abbiano individuato unita’ assistenziali in regime di ricovero per pazienti affetti dal COVID-19, nell’ambito delle strutture ospedaliere, provvedono a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale e assicurano la ristrutturazione dei Pronto Soccorso con
l’individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi.

Le regioni e le province autonome sono autorizzate a implementare i mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari per i pazienti COVID-19, per le dimissioni protette e per i trasporti interospedalieri per pazienti non affetti da COVID-19. Per l’operatività di tali mezzi di trasporto, le regioni e le province
autonome possono assumere personale dipendente medico, infermieristico e operatore tecnico, con decorrenza 15 maggio 2020.

Mi auguro che questo sia solo l’inizio e che con la revisione degli standard ospedalieri di cui al DM 70/2015 prevista dal Patto della Salute si possa arrivare ad avere una rete ospedaliera adeguata alle esigenze della popolazione e articolata in maniera adeguata sul territorio anziché, come avviene ora, concentrata nelle metropoli.

L’EPIDEMIA HA MESSO A NUDO TUTTE LE CRITICITA’ DEL SSN TRA CUI QUELLE DEL SISTEMA DI EMERGENZA

Com’è noto la scheda 15 del Patto della Salute prevede l’impegno reciproco tra Stato e Regioni per la revisione del DM 70/2015, come previsto dalla stessa norma a quattro anni dalla sua adozione, sulla necessità di revisione del Decreto, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle diverse Regioni, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali e prevedendo specifiche deroghe per le regioni più piccole.

Tra i punti che definirei dolenti del DM 70/2015 c’è sicuramente quello della c.d. trasformazione dei Punti di Primo Intervento che, specialmente nelle regioni più vaste dove ci sono problemi di accesso ai Pronto Soccorso ospedalieri (per le distanze e il tempo di viaggio superiore ai 20′), ha creato gravi problemi formando oggetto anche di numerosi ricorsi amministrativi.

Su questo tema così delicato le regioni si sono mosse in maniera difforme l’una dall’altra, ma addirittura in alcune regioni (es. il Lazio) ogni azienda sanitaria ha organizzato gli ex Punti di Primo Intervento in maniera diversa.

Questa è l’occasione per riconsiderare il Sistema di Emergenza Sanitaria sia nella Fase di allarme che nella Fase di risposta costruendo una rete di strutture di diversa complessità assistenziale e armonizzando l’organizzazione di questo servizio a livello nazionale tenendo conto anche delle indicazioni delle società scientifiche.

Allo scopo di dare un modesto contributo alla questione mi sono permesso di inviare una proposta al Ministero della salute ed una Petizione al Presidente della Camera dei deputati.

In che consiste la proposta:

In primo luogo occorre inquadrare il problema dell’Emergenza Sanitaria Territoriale (d’ora in avanti EST) nella nuova concezione del servizio sanitario che non può essere incentrata nell’ospedale, visto come una struttura autarchica svincolata dalle altre organizzazioni territoriali, ma deve essere quella di un organismo integrato in un contesto sempre più ricco.

Di conseguenza è necessario ridisegnare la rete ospedaliera centrandola sul modello Hub e Spoke, in integrazione con le altri parti del sistema sanitario e in particolare della rete dell’emergenza-urgenza e con quella del territorio (Monitor n. 27/2011 – Rivista Trimestrale dell’AGENAS).

Le articolazioni sul territorio (gli ex Punti di Primo Intervento) del sistema di emergenza-urgenza non possono più afferire al Dipartimento di emergenza e accettazione (DEA), ma esserne parte integrante.

Pertanto, coerentemente con questo principio il Dipartimento di emergenza e accettazione ospedaliero deve essere trasformato in un Dipartimento Integrato di Emergenza (DIE), preferibilmente su base provinciale, cui dovrebbero afferire i mezzi di soccorso ( di base, intermedi ed avanzati), la Centrale Operativa 118, i Punti di Emergenza Sanitaria Territoriale (nuova definizione unica a livello nazionale per gli ex Punti di Primo Intervento), i Pronto Soccorso ospedalieri con OBI generale e pediatrica e la MEU-semintensiva delle aziende (ospedaliere, ospedaliero-universitarie, territoriali, IRCCS e delle aziende regionali 118) che insistono sul territorio.

In sostanza il punto 9.1.5 del D:M 70/2015 potrebbe essere riscritto come segue:

Al fine di assicurare la gradualità delle cure nei territori extra-urbani in cui la distanza dal presidio ospedaliero più vicino comporti tempi di percorrenza pari o superiori a venti minuti possono essere attivati Punti di Emergenza Territoriali, ubicati possibilmente all’interno delle Case della Salute, ma afferenti dal punto di vista organizzativo e funzionale dal Dipartimento Integrato di Emergenza aziendale.

I Punti di Emergenza Sanitarie Territoriale devono essere dotati di risorse adeguate a garantire le seguenti prestazioni:
1) stabilizzazione del paziente in fase critica attivando tramite Centrale Operativa 118 il trasporto presso l’ospedale più idoneo secondo protocolli definiti tenendo conto anche delle Linee guida delle reti tempo dipendenti.
2) effettuare un primo intervento medico in caso di:
a) patologie diagnosticate ed ingravescenti;
b) malesseri non ben definiti;
c) piccoli atti medico chirurgici;
d) accertamenti di diagnostica strumentale semplice.
e) attività operativa
.

I Punti di Emergenza Sanitaria Territoriale in relazione alla popolazione residente e al numero degli accessi possono essere attivi 12 o 24 ore, a seconda dell’intensità della popolazione per tutto l’anno o stagionali e per esigenze straordinarie temporanee (maxi-afflusso di cittadini per partecipazione ad eventi, catastrofi o altre situazioni eccezionali che lo richiedano).

I Punti di Emergenza Sanitaria Territriale devono essere presidiati continuativamente da un medico di medicina generale con attestato di idoneità all’esercizio dell’attività di emergenza sanitaria territoriale rilasciato dalle Aziende a seguito di apposito corso di formazione della durata di almeno 4 mesi per un orario non inferiore a 300 ore, da svolgersi prevalentemente in forma di esercitazione e tirocinio pratico (come da Accordo Collettivo Nazionale vigente) e da un infermiere professionale in possesso di attestato BLS, i quali devono operare in stretto collegamento con la Centrale operativa 118, il Dipartimento Integrato di Emergenza, gli altri servizi di Pronto soccorso ed i mezzi di soccorso.

Conseguentemente anche il 3° comma dell’art.3-quinquies del D.lgs 502/1992 andrebbe modificato come segue:
«Trovano inoltre collocazione funzionale nel Distretto le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale, del dipartimento integrato d’emergenza e del dipartimento di prevenzione, con particolare riferimento ai servizi alla persona».

Con lettera in data 6 maggio u.s. il Capo del servizio per i testi normativi della Camera dei deputati mi ha comunicato che alla mia Petizione è stato attribuito il n. 472, che è stata annunciata all’assemblea nella seduta del 30 aprile e che è stata assegnata alla XII Commissione (Affari Sociali).

I DIFETTI ORIGINARI E ACQUISITI DEL SSN, MESSI A NUDO DALL’EPIDEMIA

In questi giorni tutti gli aspiranti allenatori della nazionale di calcio non potendo momentaneamente occuparsi del loro sport preferito hanno cambiato lavoro: sono diventati epidemiologi ed esperti di sanità e ci ammanniscono quotidianamente le loro ricette a tutti i livelli.

Avendo vissuto molto intensamente gli anni che dalla riforma ospedaliera del 1968 hanno portato alla riforma sanitaria del 1978, vorrei dare il modesto contributo alla verità dei fatti.

Come molti ricordano prima delle due riforme gli ospedali erano gestiti da IPAB, da Comuni, da enti assicurativi (come l’INAIL) ecc. mentre l’assistenza territoriale era governata dalle mutue che la gestivano con il sistema delle convenzioni: con singoli professionisti che svolgevano attività di medicina generale (medici della mutua), con specialisti ambulatoriali interni (prestavano cioè la loro opera presso i poliambulatori a gestione diretta delle mutue), con specialisti esterni (in quanto all’epoca i laboratori di analisi, i gabinetti di radiologia e i centri di fisioterapia erano gestiti da medici specialisti che operavano come impresa individuale – art. 2082 c.c. – in quanto veniva valorizzato il nome del professionista), con case di cura private ( in genere gestite da società per azioni in cui erano presenti i medici che vi operavano), ecc.

Con la riforma ospedaliera tutti i nosocomi furono trasformati in enti ospedalieri mentre con la successiva riforma sanitaria anche se in apparenza non cambiò nulla dato che i medici di famiglia e i pediatri furono convenzionati con il SSN e gli specialisti interni (c.d. SUMAI) ebbero anch’essi la loro convenzione, per quanto riguarda gli specialisti esterni si trasformarono rapidamente in società a responsabilità limitata (cosa che fino a quell’epoca non era ritenuta legittima dalla giurisprudenza) mantenendo il loro nome ma favorendo così l’ingresso di capitali privati; mentre le case di cura accelerarono il processo di allontanamento dalla proprietà dei medici che le avevano fondate trasformandole nella maggior parte dei casi in semplici attività commerciale.

Il SSN anche dall’estero è stato visto come un business attirando molti capitali.

Ma ben presto, specialmente dopo l’aziendalizzazione delle USL fu avviato un processo di affidamento all’esterno dei servizi (in inglese outsourcing) che iniziò dapprima con i servizi economali eliminando le vecchie lavanderie interne, le cucine, ecc. acquistando questi servizi dall’esterno, ma allargandosi rapidamente anche all’ausiliariato, alla vigilanza, alla gestione della centrale termica, alla gestione dell’archivio delle cartelle cliniche, ecc.

Con la nascita di nuove esigenze assistenziali, specialmente sul territorio anche la quasi totalità dei nuovi servizi è stata affidata società per azioni (RSA), a cooperative o ad associazioni (ADI) per cui progressivamente il costo dei servizi è aumentato a livelli insostenibili.

Ma da tutto questo è derivato anche un abbassamento del livello della qualità percepita dai cittadini.

Quindi con l’aziendalizzazione invece di migliorare i servizi sono peggiorati e l’epidemia non ha fatto altro che portarli alla luce.

Ora, qualunque tipo di intervento sul SSN si vorrà fare non potrà prescindere dai mali ereditati volutamente dal sistema mutualistico e lasciati irrisolti affrontandoli a viso aperto una volta per tutte per dare a questo Paese un Servizio Sanitario pubblico veramente.

Il disegno originario della riforma si è perso, bisogna rimetterci mano riparando i molti danni fatti in questi anni, ma anche andando più avanti, riprendendo i primi progetti di Giovanardi, Foa, Maccarone e Mariotti eliminando una volta per tutte le separazioni tra ospedale e territorio per completare la riforma assicurando una vera unicità delle cure.

Per fare questo il personale dovrà avere un ruolo unico assicurando sia l’assistenza sul territorio che quella negli ospedali.

Ci vorrà coraggio e una classe politica onesta e libera da conflitti di interesse.