LA RELAZIONE 2021 AL PARLAMENTO DEL CNEL SUI LIVELLI E LA QUALITA’ DEI SERVIZI OFFERTI ALLE IMPRESE E AI CITTADINI: LA SANITA’

La Relazione del CNEL sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini conferma anche questo anno il buon livello qualitativo della sanità italiana rispetto al panorama internazionale per durata della vita e condizioni degli anziani con malattie croniche, efficienza gestionale e investimenti in prevenzione, messo in ombra dalle criticità ormai storiche del debole finanziamento pubblico – sotto la media europea -,del peso significativo e crescente della spesa privata out of pocket a carico dei cittadini, e del non completo rispetto degli obiettivi di equità ed universalismo. I tassi di ospedalizzazione e di posti letto per abitante, come pure la disponibilità di infermieri, si collocano su livelli inferiori a quelli di molti paesi europei. Ed anche le differenze in termini di qualità e quantità dell’offerta di servizi sanitari tra le regioni ed i rispettivi sistemi sanitari, nonché le forme di mancato accesso o di accesso difficoltoso ai servizi per le frange più deboli della popolazione, permangono evidenti.

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“IL DIRITTO ALLA SALUTE NEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE” SARA’ PRESENTATO PER LA PRIMA VOLTA ALL’ABBAZIA DI SAN NILO DI GROTTAFERRATA DALL’ASSOCIAZIONE NUOVI CASTELLI ROMANI

Grottaferrata (RM), Abbazia di
San Nilo, 1004

Sabato 14 alle ore 10, l’Associazione Nuovi Castelli Romani presenta il mio nuovo libro “Il diritto alla salute nel Servizio Sanitario Nazionale” nell’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata.

Interverranno l’autore della prefazione il prof. Cesare Pinelli, ordinario di diritto pubblico e il prof. Claudio Letizia, ordinario di medicina interna entrambi dell’Università “Sapienza” di Roma; il Sindaco del Comune di Frascati Francesca Sbardella, il Sindaco del Comune di Nemi Alberto Bertucci, il Sindaco del comune di Castel Gandolfo Milvia Monachesi e il direttore sanitario dell’azienda USL Roma 6 dott. Roberto Corsi.

Saranno presenti: mons. Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare di Roma; il sen. Bruno Astorre, Francesco Pittoni, Vice Presidente Vicario dell’UNAR; Francesco De Feo, Egumeno del Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata e il dott. Ettore Pompili, Presidente onorario dell’Associazione NCR.

Il libro è diviso in sei parti:
1) Il processo della riforma
2) L’assistenza sanitaria
3) Organizzazione centrale del SSN
4) Organizzazione regionale del SSR
5) Strutture operative e loro funzioni
6) Diritti e responsabilità delle persone

Complessivamente sono 630 pagine con oltre 800 note di dottrina e giurisprudenza

Un libro scritto in maniera chiara e comprensibile anche per chi non ha una formazione giuridica e che spiega in maniera diffusa tutta la materia.

Molta attenzione è posta alla gestione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e informatiche, ma anche sono trattate diffusamente anche tutte le altre funzioni come quelle dell’informazione e della partecipazione, princìpi rigorosamente dettati dalle norme e che troppo spesso non trovano riflesso nemmeno per sbaglio nell’operare concreto.

Viene sottolineata l’importanza degli organi di indirizzo (es. Sindaci, Conferenza locale sociale e sanitaria per le aziende sanitarie locali, ecc.) ma anche il ruolo dei cittadini proclamato da tutti, ma scarsamente rispettato.

Una occasione molto speciale, sia per il luogo prescelto che per le persone che saranno presenti.

Una occasione molto speciale, sia per il luogo prescelto che per le persone che saranno presenti.

Un volume che può essere utile per chi deve studiare, per chi vuole prepararsi per un concorso, ma anche per chi già lavora e vuole aggiornarsi anche per difendere i propri diritti, oltre che per avvocati che devono rappresentare qualche paziente o dipendente.

MEDICI DI TUTTO IL MONDO SCRIVONO AI LEADER MONDIALI PER USCIRE DALLA CRISI

L’Osservatore romano dedica un lungo articolo ad una dichiarazione firmata da oltre 40 milioni di professionisti della salute tra medici e operatori sanitari — un numero che rappresenta collettivamente più della metà della forza lavoro sanitaria e medica mondiale, provenienti da 90 Paesi — per chiedere ai leader dei Paesi del G20 una Healthy Recovery, «una vera guarigione da questa crisi» dando priorità agli investimenti nella salute pubblica, ad acqua e aria pulite e a un clima stabile nei pacchetti di stimolo economico attualmente in esame.

«Abbiamo visto in prima persona quanto possano essere fragili le comunità quando salute, sicurezza alimentare e libertà di lavoro sono interrotte da una minaccia comune» si legge nella lettera pubblicata oggi. «I livelli di questa tragedia in corso sono molti e amplificati da disuguaglianze e dagli investimenti insufficienti nei sistemi di sanità pubblica. Abbiamo assistito a morte, malattie e angoscia mentale a livelli mai visti da decenni. Questi effetti avrebbero potuto essere parzialmente mitigati, o forse anche prevenuti, da adeguati investimenti in preparazione alla pandemia, sanità pubblica e gestione ambientale» prosegue la lettera.

«Dobbiamo imparare da questi errori e tornare a essere più forti, più sani e più resistenti. Prima della pandemia, l’inquinamento atmosferico stava già indebolendo i nostri corpi», sottolineano i medici chiedendo investimenti per ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni climalteranti che danneggiano la salute umana, per dare maggiore resilienza alle future pandemie e creare posti di lavoro più sostenibili. Secondo un rapporto di Irena (l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), se i Paesi facessero investimenti adeguati nelle energie rinnovabili entro il 2050, i posti di lavoro quadruplicherebbero fino a 42 milioni. E questo in un momento in cui, secondo l’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), la metà dei posti di lavoro nel mondo sono a rischio.

I medici chiedono ai governi «che i vostri responsabili e consiglieri medici e scientifici siano direttamente coinvolti nella concezione di tutti i pacchetti per la ripresa economica». Agricoltura sostenibile, rinnovabili e mobilità a basse emissioni di carbonio sono, per i firmatari, la chiave per riprendersi dal covid-19 più forti, più sani e più resistenti. «L’inquinamento da traffico, uso inefficiente dell’energia residenziale, centrali elettriche a carbone, inceneritori e agricoltura intensiva non solo causano ogni anno sette milioni di morti premature ma aumentano sia i rischi di polmonite sia la loro gravità; causano pneumopatie croniche ostruttive, carcinomi polmonari, malattie cardiache e ictus; determinano inoltre esiti avversi in gravidanza come scarso peso alla nascita e asma».

https://www.osservatoreromano.va/it.html

IL SSN COME MOTORE DI SVILUPPO PER LA RIPRESA DEL PAESE

La proposta dell’Eurogruppo di consentire agli Stati membri di accedere a un finanziamento per coprire le spese dirette ed indirette dovute alla pandemia pari al 2% del PIL alla fine del 2019, corrispondente a circa 37 miliari di euro per l’Italia, da restituirsi in dieci anni con il costo una tantum di 0,25% e un costo annuale di 0,005% e senza alcuna condizione appare una offerta alla quale non si può dire di no nell’interesse del SSN e dello stesso sistema Paese.

Si tratta di una opportunità irripetibile che offre un vantaggio diretto rappresentato dalla possibilità di rifinanziare in primo luogo l’art. 20 della legge 67/1988 (quello degli investimenti per l’edilizia ospedaliera e le apparecchiature) permettendo in primo luogo di recuperare gli antichi ospedali dismessi, testimoni della sanità italiana e di recuperarli per i servizi territoriali e per le cure intermedie;per completare i tanti ospedali in giro per l’Italia per destinarli a Residenze Sanitarie assistenziali pubbliche e ad attività di riabilitazione (motoria, respiratoria, cardiologica, ecc. oggi sottodimensionati); per acquistare le apparecchiature mancanti per abbattere le liste di attesa; per realizzare i reparti per le malattie infettive mancanti nelle province o per mettere a norma quelli esistenti, per creare più letti per gli acuti e in particolare per le terapie intensive; per fare le manutenzioni non fatte in tanti anni; per acquistare gli impianti per re-internalizzare i servizi di cucina, lavanderia, ecc.; per realizzare una prevenzione veramente efficiente, per attuare un servizio di emergenza sanitaria integrato pubblico, per realizzare le Case della Salute ancora mancanti, per implementare i servizi territoriali in molte parti ancora inesistenti o affidati ai privati; per digitalizzare realmente una volta per tutte tutti i dati ponendo fine alla cronica annuncite di qualche assessore e far funzionare la Cartella clinica digitale, il Fascicolo Sanitario Elettronico; dare ai cronici in comodato dei device che consentano al personale dei Distretti di seguire costantemente il loro stato di salute dando loro la consapevolezza di essere seguiti, ecc.

Grazie a questi investimenti il SSN potrà tornare ad essere un motore di sviluppo per il Paese, incrementando l’occupazione (al 31 dicembre 2017 secondo i dati del Ministero della salute il numero totale si era ridotto a 603.35 unità), ma potrà anche agevolare la nascita e lo sviluppo di industrie sanitarie (farmaci, apparecchiature, dispositivi medici) che crescendo potranno anche contribuire ad aumentare l’esportazione portando in positivo la bilancia dei pagamenti di questo settore.

Comunque l’industria sanitaria ha complessivamente una produzione del valore di € 42,9 miliardi, un settore di importanza strategica, secondo solo a quello alimentare, dando lavoro a circa 66.500 unità (dati tratti dal 15° Rapporto sanità del CREA di Tor Vergata).

Ma il risultato più importante sarà quello di migliorare la salute e la qualità della vita delle persone.

I DIFETTI ORIGINARI E ACQUISITI DEL SSN, MESSI A NUDO DALL’EPIDEMIA

In questi giorni tutti gli aspiranti allenatori della nazionale di calcio non potendo momentaneamente occuparsi del loro sport preferito hanno cambiato lavoro: sono diventati epidemiologi ed esperti di sanità e ci ammanniscono quotidianamente le loro ricette a tutti i livelli.

Avendo vissuto molto intensamente gli anni che dalla riforma ospedaliera del 1968 hanno portato alla riforma sanitaria del 1978, vorrei dare il modesto contributo alla verità dei fatti.

Come molti ricordano prima delle due riforme gli ospedali erano gestiti da IPAB, da Comuni, da enti assicurativi (come l’INAIL) ecc. mentre l’assistenza territoriale era governata dalle mutue che la gestivano con il sistema delle convenzioni: con singoli professionisti che svolgevano attività di medicina generale (medici della mutua), con specialisti ambulatoriali interni (prestavano cioè la loro opera presso i poliambulatori a gestione diretta delle mutue), con specialisti esterni (in quanto all’epoca i laboratori di analisi, i gabinetti di radiologia e i centri di fisioterapia erano gestiti da medici specialisti che operavano come impresa individuale – art. 2082 c.c. – in quanto veniva valorizzato il nome del professionista), con case di cura private ( in genere gestite da società per azioni in cui erano presenti i medici che vi operavano), ecc.

Con la riforma ospedaliera tutti i nosocomi furono trasformati in enti ospedalieri mentre con la successiva riforma sanitaria anche se in apparenza non cambiò nulla dato che i medici di famiglia e i pediatri furono convenzionati con il SSN e gli specialisti interni (c.d. SUMAI) ebbero anch’essi la loro convenzione, per quanto riguarda gli specialisti esterni si trasformarono rapidamente in società a responsabilità limitata (cosa che fino a quell’epoca non era ritenuta legittima dalla giurisprudenza) mantenendo il loro nome ma favorendo così l’ingresso di capitali privati; mentre le case di cura accelerarono il processo di allontanamento dalla proprietà dei medici che le avevano fondate trasformandole nella maggior parte dei casi in semplici attività commerciale.

Il SSN anche dall’estero è stato visto come un business attirando molti capitali.

Ma ben presto, specialmente dopo l’aziendalizzazione delle USL fu avviato un processo di affidamento all’esterno dei servizi (in inglese outsourcing) che iniziò dapprima con i servizi economali eliminando le vecchie lavanderie interne, le cucine, ecc. acquistando questi servizi dall’esterno, ma allargandosi rapidamente anche all’ausiliariato, alla vigilanza, alla gestione della centrale termica, alla gestione dell’archivio delle cartelle cliniche, ecc.

Con la nascita di nuove esigenze assistenziali, specialmente sul territorio anche la quasi totalità dei nuovi servizi è stata affidata società per azioni (RSA), a cooperative o ad associazioni (ADI) per cui progressivamente il costo dei servizi è aumentato a livelli insostenibili.

Ma da tutto questo è derivato anche un abbassamento del livello della qualità percepita dai cittadini.

Quindi con l’aziendalizzazione invece di migliorare i servizi sono peggiorati e l’epidemia non ha fatto altro che portarli alla luce.

Ora, qualunque tipo di intervento sul SSN si vorrà fare non potrà prescindere dai mali ereditati volutamente dal sistema mutualistico e lasciati irrisolti affrontandoli a viso aperto una volta per tutte per dare a questo Paese un Servizio Sanitario pubblico veramente.

Il disegno originario della riforma si è perso, bisogna rimetterci mano riparando i molti danni fatti in questi anni, ma anche andando più avanti, riprendendo i primi progetti di Giovanardi, Foa, Maccarone e Mariotti eliminando una volta per tutte le separazioni tra ospedale e territorio per completare la riforma assicurando una vera unicità delle cure.

Per fare questo il personale dovrà avere un ruolo unico assicurando sia l’assistenza sul territorio che quella negli ospedali.

Ci vorrà coraggio e una classe politica onesta e libera da conflitti di interesse.

IL PARERE DEL DIRETTORE REGIONALE PER L’EUROPA DELL’OMS SULLA GESTIONE DELLE STRUTTURE DI ASSISTENZA A LUNGO TERMINE AI TEMPI DEL COVID-19 E PER L’AVVENIRE

Dott. Hans Kluge Direttore regionale Europa dell’OMS

Il Direttore regionale per l’Europa dell’OMS Hans Kluge in una conferenza stampa tenutasi il 23 aprile a Copenaghen ha affrontato il quadro profondamente preoccupante che è emerso dal COVID-19 nelle strutture di assistenza a lungo termine nella regione europea e nel mondo nelle ultime settimane affermando quanto segue:

Secondo le stime dei paesi della regione europea, fino alla metà di coloro che sono morti per COVID-19 erano residenti in strutture di assistenza a lungo termine. Questa è una tragedia umana inimmaginabile. 

Per i molti che stanno vivendo questa perdita, i miei pensieri sono con voi.

Tutti coloro che muoiono nelle case di COVID-19 hanno il diritto di essere assistiti e di ricevere cure di fine vita, incluso il sollievo dei sintomi con farmaci adeguati, circondati dai loro cari.

Le persone che soffrono di disabilità fisiche e / o mentali, spesso in età avanzata, sono particolarmente vulnerabili a questo virus. La loro età avanzata, le condizioni di salute alla base, le sfide cognitive nella comprensione e nel seguire i consigli di salute e igiene dovuti a disabilità intellettiva o demenza, ad esempio, sono tutti fattori che li mettono a maggior rischio.

A molti oggi è impedito di ricevere visite da familiari e amici, non ricevendo più il supporto emotivo e fisico che tali visite forniscono. A volte i residenti affrontano la minaccia di abuso e abbandono.

Eppure ugualmente preoccupante – il modo in cui operano tali strutture di cura, il modo in cui i residenti ricevono assistenza – sta fornendo percorsi per la diffusione del virus. Il ruolo del settore pubblico che non lascia nessuno alle spalle non può essere sopravvalutato.

Anche tra le persone molto anziane che sono fragili e vivono con molteplici condizioni croniche – molti hanno buone possibilità di guarigione se sono ben curati.

Questa pandemia ha acceso i riflettori sugli angoli trascurati e sottovalutati della nostra società. In tutta la regione europea, l’assistenza a lungo termine è stata spesso notoriamente trascurata. Ma non dovrebbe essere così. Guardando al futuro, passando a una nuova normalità, abbiamo un chiaro caso di investimento per la creazione di sistemi integrati di assistenza a lungo termine incentrati sulla persona in ciascun paese.

Abbiamo ereditato i diritti, i valori e le opportunità europei che ci definiscono dalle generazioni precedenti, quindi dobbiamo prenderci cura di loro. È nostro dovere non lasciare indietro nessuno. Dobbiamo intensificare.

Quindi cosa dobbiamo fare?

  1. Responsabilizzare gli operatori sanitari.
  2. Cambiare il modo in cui operano le strutture di assistenza a lungo termine.
  3. Costruire sistemi che privilegiano le esigenze delle persone.

Sul mio primo punto:

Le persone dedite e compassionevoli che lavorano in strutture di assistenza a lungo termine che sono così spesso stressate, sottopagate e non protette – sono gli eroi non celebrati di questa pandemia.

Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che quei lavoratori dispongano di DPI e di altre forniture essenziali per proteggere se stessi e coloro a cui tengono; fornire una remunerazione adeguata per le lunghe ore e il lavoro difficile che svolgono e assicurarsi che dispongano della formazione adeguata per svolgere il proprio lavoro. Qui, l’OMS ha risorse di formazione online e assistenza per l’assistenza.

Dobbiamo cambiare l’ambiente in cui forniscono assistenza, offrendo livelli adeguati di risorse e personale.

In secondo luogo: vi è una necessità immediata e urgente di ripensare e adeguare il modo in cui le strutture di assistenza a lungo termine operano oggi e nei prossimi mesi. Ciò significa trovare un equilibrio tra le esigenze dei residenti e delle loro famiglie e garantire che i servizi siano gestiti in modo sicuro e che il personale sia protetto e ben supportato.
Stabilire piani globali per prevenire e controllare le infezioni;
Dare priorità ai test di eventuali casi sospetti tra i residenti e il personale delle strutture di assistenza a lungo termine;
Fornire DPI, formazione e forniture e attrezzature mediche essenziali per la cura delle case;
Isolare tutti i casi, istituire reparti o spazi separati per i residenti con COVID-19 anche prima che si verifichino i primi casi e assicurarsi che i residenti possano essere indirizzati e dimessi in modo sicuro dall’ospedale.

Queste misure contribuiranno a ridurre la diffusione del virus e consentiranno nuovamente l’apertura gestita di tali abitazioni a famiglie e visitatori.

E il mio terzo punto: da ora in poi, i sistemi di assistenza a lungo termine di qualità, dotati di risorse, forti e sostenibili che privilegiano i bisogni e la dignità delle persone devono essere il nostro standard di riferimento. 

È necessario l’impegno dei più alti livelli di governo, in ogni sezione della nostra società. Il coordinamento e la continuità tra i servizi sanitari e sociali, nonché attraverso i sistemi di informazione, devono essere rafforzati. 

Dobbiamo riunire medici, infermieri, farmacisti, operatori sanitari sociali e di altro tipo, operatori sanitari e, soprattutto, residenti nelle case di cura, nel processo decisionale e nella fornitura di assistenza.

Abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri. Condividiamo esperienze pertinenti nell’intera società e approcci comunitari alla cura. L’OMS è pronta a supportare i paesi nella creazione di sistemi integrati di assistenza a lungo termine incentrati sulla persona.

In conclusione, vorrei ripetere il mio appello. Insieme, attraverso settori e società, dobbiamo agire:

  1. Ora per garantire che i servizi nelle strutture di assistenza a lungo termine siano sicuri e di supporto;
  2. Nelle settimane e nei mesi a venire, il personale viene formato e abilitato a fornire cure sicure ed efficaci; e
  3. A lungo termine in modo che ogni persona che vive nei sistemi di cura abbia una voce e sia valutata.

LA NUOVA EDIZIONE DI “SALUTE UGUALE PER TUTTI: …NOI CREDEVAMO…”

La nuova edizione del mio saggio è stata resa necessaria dall’emergenza sanitaria dell’epidemia che ha riportato l’attenzione sul SSN e sulle modalità del suo funzionamento.

Uno dei primi capitoli del volume è dedicato al SSN come motore di sviluppo e di democrazia.

Per troppi anni la maggioranza dei nostri rappresentanti politici ha visto nel Servizio sanitario nazionale solamente una fonte di costi elevata senza rendersi conto che grazie al SSN si è sviluppato un sistema che in Italia occupa direttamente 1.158.321[1] unità di personale sanitario, ai quali dobbiamo aggiungere quello amministrativo e quello dell’indotto (servizi sanitari, servizi ospedalieri e residenziali, commercio ecc.) per un totale di 2,4 milioni pari al 10% della forza lavoro del Paese.

La “filiera della salute” include i settori che producono, fanno ricerca, commercializzano e offrono servizi di natura sanitaria[2] ed è composta sia dalla parte pubblica, sia dalla parte privata che è prevalentemente dedita alla manifattura industria farmaceutica, dispositivi e tecnologie medicali), il commercio e i servizi.

Un sistema che ha anche favorito la crescita in Italia di una industria medicale che rappresenta uno dei principali motori di sviluppo del Paese[3] con una produzione pari a € 42,9 miliardi che rappresenta il 12,4% di quella realizzata a livello europeo.

Il saldo commerciale peraltro è negativo per € 0,5 mld mentre è positivo se si esamina il solo il settore farmaceutico.

Molto fiorente anche la produzione di dispositivi medici italiani che rappresentano il 10,0% di questo mercato in continua espansione.

Il saldo della bilancia dei pagamenti nel settore dei dispositivi medici, sempre nel 2017, pur essendo anch’esso negativo è in diminuzione ed è pari a € 1,9 miliardi.

Da non sottovalutare anche l’apporto delle ICT che stanno contribuendo notevolmente allo sviluppo del SSN.

Per quanto riguarda la diagnostica in vitro siano al 16,0% della produzione europea preceduti solo da Germania e Francia.

In sostanza la “filiera della salute” contribuisce in maniera notevole alla formazione della ricchezza nazionale producendo un elevato volume di reddito, assorbendo una quota rilevante di personale altamente qualificato ed investendo notevoli risorse nella ricerca e nell’innovazione.

Se guardiamo indietro, in questi quaranta anni l’assistenza sanitaria è cambiata in maniera notevole.

Il SSN in questi anni, nonostante i molti problemi, ha garantito:
-Maggiore sicurezza dal punto di vista sanitario;
-Benessere diffuso, con eliminazione del divario tra salute e benessere;
-Maggiore equità rispetto al passato, anche se permangono numerose disuguaglianze che rappresentano un fattore di malessere sociale da sradicare;
-Prevenzione delle malattie, che in precedenza era molto limitata.

Mentre un tempo le persone venivano ricoverate in ospedale quando non c’era più nulla da fare, per morire, oggi le persone si recano serene in ospedale per essere guarite e per poter tornare ad una vita normale insieme ai loro cari.

Peraltro, anche a causa delle mutate condizioni sociali e della situazione economica non favorevole si assiste ad una caduta di valori come la solidarietà sociale e ad una forte contrazione del welfare state.

Dopo l’epidemia sarà opportuno investire sul SSN per favorire la ripresa e per contribuire ad eliminare le profonde disuguaglianze che si sono create nel nostro Paese e per eliminare il forte disagio sociale causato dalla crisi economica dovuta al coronavirus.

Al link seguente è possibile leggere ed eventualmente acquistare sia la copia cartacea che quella in ebook:

https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/512667/salute-uguale-per-tutti-2/


[1]Dati ISTAT al 2017 che comprendono anche i medici di medicina generale

[2]Confindustria Rapporto annuale Filiera della salute

[3]D.D’ANGELA, C.CARRIERI, Industria sanitaria: evoluzione e prospettive, in 15° Rapporto del CREA Sanità

LA PRESENTAZIONE DELL’OUTLOOK SALUTE ITALIA 2021 DELLA DELOITTE

Deloitte Italy, Sede di Milano

Mercoledì 22 gennaio presso Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale di Roma, si è tenuta la prima edizione dell’appuntamento Outlook Salute Italia 2021, evento patrocinato dall’American Chamber of Commerce in Italy.

L’incontro ha voluto stimolare una riflessione in merito alle prospettive del nostro Sistema Sanitario Nazionale, indagando in particolare le evoluzioni in termini di sostenibilità del sistema pubblico nonché il ruolo, sempre più rilevante, degli operatori privati.

L’evento è stato anche l’occasione per presentare e discutere i risultati di un’ampia ricerca demoscopica condotta da Deloitte sulla percezione dell’opinione pubblica in ambito salute. Lo studio ha esplorato le modalità di interazione del cittadino con il sistema sanitario, nell’ottica di verificare se e come le numerose dinamiche che stanno interessando il settore (invecchiamento della popolazione, digitalizzazione, crescita della spesa privata, etc..) stanno modificando abitudini e modalità di fruizione dei servizi sanitari.

La ricerca in sostanza conferma il buon livello del SSN ma l’abbandono delle cure in molti casi per problemi economici e il grave problema delle liste di attesa che costringe molti pazienti a migrare altrove o addirittura ad abbandonare le cure.

Nella tavola rotonda sono intervenuti autorevoli esponenti istituzionali e di settore, tra i quali Maria Chiara Carrozza (Prof.ssa di Bioingegneria Industriale dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Direttore Scientifico della Fondazione Don Carlo Gnocchi e già Ministro dell’Istruzione), Fiammetta Fabris (Responsabile divisione Health, Allianz), Vito Montanaro (Direttore Generale, Regione Puglia), Michele Perrino (Presidente e Amministratore Delegato Medtronic Italia e Consigliere di American Chamber of Commerce in Italy) e Flavio Ronzi (Segretario Nazionale, Croce Rossa Italiana). Tra i presenti anche Silvio Brusaferro (Presidente, ISS).

LA RELAZIONE AL PARLAMENTO E AL GOVERNO 2019 DEL CNEL SUI LIVELLI E LA QUALITA’ DEL SSN

Anche quest’anno il CNEL, come fa da circa 25 anni, ha presentato la propria relazione concentrando la sua attenzione sulla necessità di misurare con più attenzione l’attività amministrativa o, con linguaggio più attuale e oggi più diffuso, le politiche pubbliche. Per rendere il miglioramento delle performance pubbliche utile all’incremento del benessere degli utenti, degli stakeholder e, in generale, dei cittadini, occorre cambiare il paradigma di valutazione dell’azione pubblica: bisogna far uscire le performance dal loop adempimentale e autoreferenziale, contrastando la “sindrome del 100%” delle performance individuali, spostando il baricentro verso rinnovate performance organizzative e finalizzando entrambe verso l’orizzonte del Valore Pubblico.

Una pare importante della relazione è dedicata al SSN.

Secondo i dati delle principali agenzie internazionali, la sanità pubblica italiana continua a registrare livelli di performance molto lusinghieri, in particolare per quanto riguarda le dimensioni contenute della spesa sia in valore assoluto che in percentuale del PIL, che per il valore elevato della durata della vita e della speranza di vita alla nascita.

Anche la mortalità evitabile tramite prevenzione ed appropriatezza delle cure mostra in Italia livelli migliori di molti altri paesi europei. Lo stesso indice di adeguamento agli standard contenuti nella Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile per quanto riguarda benessere e salute, calcolato da ASviS annualmente, mostra un andamento positivo.

A fronte di ciò vanno segnalate alcune criticità vecchie e nuove.

Tra quelle di più antica data si segnala in primo luogo la debolezza delle cure territoriali per disabili e non autosufficienti e l’insufficiente offerta di strutture per la lungodegenza. In secondo luogo, permangono differenze sostanziose in termini di spesa sanitaria pro-capite, offerta di servizi sul territorio, qualità degli stessi e possibilità di accesso appropriato e tempestivo alle prestazioni, sia tra regioni ed aree geografiche, che tra gruppi sociali.

Tra le criticità di più recente evidenza, vanno rimarcate quelle relative alla sostenibilità del sistema dal punto di vista delle risorse e rispetto alla prevenzione intesa in senso olistico. Per quanto riguarda le risorse, risulta crescente il divario tra la domanda ed i costi di produzione, in costante aumento, da una parte, e la ristrettezza del finanziamento pubblico, in calo rispetto al PIL negli ultimi anni, dall’altra.

In questo ambito una criticità crescente si rileva rispetto agli organici ed alle carenze del personale.

Per ciò che attiene alla prevenzione di tipo olistico, ancora troppo debole risulta lo sforzo profuso nell’obiettivo di fare degli obiettivi di benessere e salute, nella loro ampia articolazione, elementi da inserire tra le priorità in termini di adeguamento e riforma nel mondo del lavoro e della produzione, nella scuola e negli altri canali formativi, nella organizzazione delle città e dei trasporti e negli interventi per l’ambiente ed il clima.

Il CNEL riferisce che l’European Health Consumer Index nel suo ultimo rapporto colloca l’Italia al 20° posto su 35 paesi europei a causa delle differenze tra le regioni, per le difficoltà di accesso ai servizi e per l’outcome.

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