“IL DIRITTO ALLA SALUTE NEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE” SARA’ PRESENTATO PER LA PRIMA VOLTA ALL’ABBAZIA DI SAN NILO DI GROTTAFERRATA DALL’ASSOCIAZIONE NUOVI CASTELLI ROMANI

Grottaferrata (RM), Abbazia di
San Nilo, 1004

Sabato 14 alle ore 10, l’Associazione Nuovi Castelli Romani presenta il mio nuovo libro “Il diritto alla salute nel Servizio Sanitario Nazionale” nell’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata.

Interverranno l’autore della prefazione il prof. Cesare Pinelli, ordinario di diritto pubblico e il prof. Claudio Letizia, ordinario di medicina interna entrambi dell’Università “Sapienza” di Roma; il Sindaco del Comune di Frascati Francesca Sbardella, il Sindaco del Comune di Nemi Alberto Bertucci, il Sindaco del comune di Castel Gandolfo Milvia Monachesi e il direttore sanitario dell’azienda USL Roma 6 dott. Roberto Corsi.

Saranno presenti: mons. Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare di Roma; il sen. Bruno Astorre, Francesco Pittoni, Vice Presidente Vicario dell’UNAR; Francesco De Feo, Egumeno del Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata e il dott. Ettore Pompili, Presidente onorario dell’Associazione NCR.

Il libro è diviso in sei parti:
1) Il processo della riforma
2) L’assistenza sanitaria
3) Organizzazione centrale del SSN
4) Organizzazione regionale del SSR
5) Strutture operative e loro funzioni
6) Diritti e responsabilità delle persone

Complessivamente sono 630 pagine con oltre 800 note di dottrina e giurisprudenza

Un libro scritto in maniera chiara e comprensibile anche per chi non ha una formazione giuridica e che spiega in maniera diffusa tutta la materia.

Molta attenzione è posta alla gestione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e informatiche, ma anche sono trattate diffusamente anche tutte le altre funzioni come quelle dell’informazione e della partecipazione, princìpi rigorosamente dettati dalle norme e che troppo spesso non trovano riflesso nemmeno per sbaglio nell’operare concreto.

Viene sottolineata l’importanza degli organi di indirizzo (es. Sindaci, Conferenza locale sociale e sanitaria per le aziende sanitarie locali, ecc.) ma anche il ruolo dei cittadini proclamato da tutti, ma scarsamente rispettato.

Una occasione molto speciale, sia per il luogo prescelto che per le persone che saranno presenti.

Una occasione molto speciale, sia per il luogo prescelto che per le persone che saranno presenti.

Un volume che può essere utile per chi deve studiare, per chi vuole prepararsi per un concorso, ma anche per chi già lavora e vuole aggiornarsi anche per difendere i propri diritti, oltre che per avvocati che devono rappresentare qualche paziente o dipendente.

DA DISCOVERY CANCER LA CONFERMA DEI RISCHI DA COVID PER I PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIE ONCOLOGICHE

Sin dall’inizio si è compreso come i pazienti affetti da tumore fossero più esposti al COVID-19.

Ora nuovi l’ultimo numero di Cancer Discovery sulla base di nuovi studi ci dice che la pandemia ha avuto effetti molto negativi anche per i ritardi nelle cure.

A causa della pandemia COVID-19, gli oncologi hanno dovuto bilanciare la necessità di trattamento dei pazienti con il rischio di contrarre la malattia, a volte spingendoli a modificare il trattamento standard e / o ripensare i tempi. 

A complicare ulteriormente la situazione, molti ospedali hanno interventi chirurgici limitati quando i casi di COVID-19 aumentano e un arretrato chirurgico una volta che i casi diminuiscono, richiedendo decisioni difficili sui tempi delle operazioni.

https://cancerdiscovery.aacrjournals.org/content/10/9?current-issue=y

ISTAT RAPPORTO ANNUALE 2020 – LA SITUAZIONE DEL PAESE ALL’EPOCA DEL COVID-19

La ventottesima edizione del Rapporto annuale sulla situazione del Paese dell’ISTAT esamina lo scenario venutosi a creare con l’irrompere dell’emergenza sanitaria e verifica gli effetti sulla società e sull’economia dell’Italia.

L’emergenza sanitaria ha messo in luce punti di forza e criticità del sistema sanitario. Le politiche di austerità adottate nel corso degli anni lo hanno reso più efficiente, ma impreparato ad affrontare uno shock di domanda come quello imposto dalla pandemia.

Il livello territoriale non è riuscito ad arginare l’emergenza con tempestività e i casi di COVID-19 si sono dovuti riversare negli ospedali che, a loro volta, si sono dimostrati in difficoltà nel fronteggiare una simile pressione, a causa della costante diminuzione delle risorse economiche, del personale sanitario e dei posti letto subita nel corso degli ultimi decenni. Il protrarsi delle politiche di controllo della spesa sanitaria, secondo la Corte dei Conti, ha fatto registrare tra il 2009 e il 2018 una riduzione, in termini reali, delle risorse destinate alla sanità particolarmente consistente, che ha acuito i divari in termini di spesa sanitaria pubblica pro capite.

Secondo le stime dell’Ocse, nel 2018 la spesa pro capite in Germania e in Francia era, rispettivamente, doppia e superiore del 60 per cento a quella italiana.

L’emergenza sanitaria ha certamente influenzato la quantità e il tipo di offerta del sistema sanitario. I primi dati disponibili, riferiti ad alcune regioni, testimoniano che i servizi sanitari regionali hanno reagito positivamente limitando l’offerta ordinaria, rinviando gli interventi programmati differibili e scoraggiando la domanda non urgente.

Una particolare attenzione nel rapporto è posta alla condizione di vita degli anziani.

La condizione di vita per la maggior parte degli anziani, per le ragioni appena riferite e per il progresso culturale a cui si è assistito nel corso degli anni, non corrisponde più allo stereotipo di persone isolate e bisognose di assistenza continua, tanto da rappresentare un peso per la società e per le famiglie. La qualità della vita, ovviamente, è correlata alle condizioni di salute, tuttavia, anche quando esse non sono ottimali, il grado di soddisfazione per la vita espressa dalle persone è mediamente buono.

Le analisi multivariate dimostrano che quasi il 50% degli ultraottantenni vive un’ottima qualità della vita, dimostrando di essere molto attivo, di avere una rete di relazioni estesa e una partecipazione culturale discreta, a volte anche intensa.
Circa il 33% degli anziani ultraottantenni, cioè 2 milioni e 137 mila, gode di buona salute, risiede soprattutto nel Nord e dichiara risorse economiche ottime o adeguate.

Questo collettivo esprime elevati livelli di soddisfazione per la vita nel complesso, frequenta gli amici assiduamente, può contare in caso di bisogno di una rete di amici, parenti e conoscenti.
Gli anziani che risiedono nei comuni fino a 10.000 abitanti hanno un livello di istruzione mediamente
più basso e più spesso definiscono le proprie condizioni di salute come buone o ottime: più di 8 anziani su 10 riferiscono di stare bene o molto bene (rispetto al 23,5% della media), nell’84% dei casi dichiarano di non avere alcuna limitazione nello svolgere le attività
quotidiane (rispetto al 29,2%) e quasi la metà di loro non riferisce nessuna patologia cronica (rispetto al 12,3% del totale). Nella maggior parte dei casi non svolgono attività di partecipazione culturale o sociale e non usano internet, ma un anziano su tre svolge qualche attività fisica nel tempo libero.

Gli anziani che vivono nelle aree metropolitane, circa l’11,9% degli ultraottantenni, sono caratterizzati da un livello di istruzione mediamente più elevato, che si associa a una più intensa partecipazione sociale: l’88,5% prende parte ad attività culturali, il 93,9% si interessa di politica, oltre il 70% si dedica alla lettura ed è molto più attivo della media rispetto all’utilizzo di
internet. Queste persone, inoltre, svolgono più frequentemente attività fisica.

Vi è poi un gruppo di anziani, numericamente limitato (circa il 6%), che abita nelle grandi città e che, nonostante l’età avanzata, esprime livelli di partecipazione sociale e culturale addirittura più intensi e articolati di quelli di molte persone più giovani. Si tratta di ottuagenari che vivono in coppia, hanno un alto livello di istruzione (il 19,4% è laureato, rispetto al 4,4% del totale) e dichiarano risorse economiche ottime o adeguate in più dell’83% dei casi. È un gruppo molto attivo culturalmente: il 60,5% ha visitato musei, il 43,9% monumenti e visto spettacoli teatrali, oltre un terzo è andato al cinema o ad ascoltare concerti di musica classica.
Una quota di anziani pari al 27% si trova invece in condizioni svantaggiate: si tratta di persone affette da una o più patologie croniche, con gravi limitazioni nelle funzioni e risorse economiche quasi sempre scarse o insufficienti.

L’ INDAGINE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’ SULLE RSA AI TEMPI DEL COVID

Roma, Istituto Superiore di Sanità

E’ stato pubblicato in questi giorni il Survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie, Istituto Superiore di Sanità. Epidemia COVID-19, Aggiornamento nazionale: 05 maggio 2020.
Il documento è scaricabile in formato pdf dal sito https://www.epicentro.iss.it/

Si tratta di una ricerca svolta dall’ISS in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.

l’ISS ha avviato, a partire dal 24 marzo 2020, una survey specifica sul contagio da COVID-19 nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA). L’obiettivo della survey è quello di monitorare la situazione e adottare eventuali strategie di rafforzamento dei programmi e dei principi fondamentali di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA). Tutti i dati presenti nel report sono riferiti dai referenti delle RSA su base volontaria. Si sottolinea che in questa tipologia di studi esiste un bias di risposta e probabilmente le strutture in una situazione più critica non partecipano a queste iniziative.
L’indagine, rivolta a 3417 strutture censite nella mappa on line dei servizi per le demenze realizzata dall’Osservatorio Demenze dell’ISS (strutture sanitarie e sociosanitarie residenziali, pubbliche e/o convenzionate o a contratto, che accolgono persone prevalentemente con demenza) e nei siti delle Regioni, si basa sulla compilazione di un questionario finalizzato ad acquisire informazioni sulla gestione di eventuali casi sospetti/confermati di infezione da SARS-CoV-2.

L’indagine ha preso in esame la tipologia delle strutture, la dotazione di personale ecc. arrivando a fornire un quadro preoccupante della situazione:

Ma le difficoltà maggiori sono state riscontrate nella gestione dei pazienti:

Preoccupa l’accertamento della presenza di personale positivi in una percentuale elevata di strutture del Nord Italia, ma non solo.

Nel complesso i problemi segnalati sono purtroppo abbastanza diffusi e richiedono un profondo ripensamento sulla realtà delle RSA e sulla loro gestione.

LA PROPOSTA DELL’ EUROGRUPPO PER DARE UNA RISPOSTA ALLA CRISI DELL’ECONOMIA CAUSATA DALLA PANDEMIA

Il 9 aprile 2020, i ministri delle finanze dell’area dell’euro (Eurogruppo) hanno deciso una risposta politica economica globale alla crisi COVID-19. Concretamente, sono state istituite tre importanti reti di sicurezza per lavoratori, imprese e sovrani, per un pacchetto di 540 miliardi di euro. L’ESM è la rete di sicurezza per i sovrani e fornisce un supporto per la crisi pandemica. Il 23 aprile, i capi di Stato dell’UE (Consiglio europeo) hanno approvato questo accordo. L’8 maggio, l’Eurogruppo ha concordato i dettagli allegati a questa linea di credito. 

Il 15 maggio, dopo le procedure nazionali, la linea di credito dovrebbe essere resa operativa dal Consiglio dei governatori del MES (il più alto organo decisionale del MES composto dai 19 ministri delle finanze dell’area dell’euro).

Allo scopo di contribuire a fare chiarezza ho ritenuto di riprendere alcuni dei passaggi dei documenti forniti dal MES che comunque troverete allegati.

Il credito concesso potrà essere utilizzato come segue:

-servizi sanitari, di cura e di prevenzione volti ad aiutare il settore sanitario a rispondere efficacemente alla pandemia di COVID-19, questi possono includere la parte della spesa sanitaria pubblica complessiva stimata direttamente o indirettamente per affrontare l’impatto di COVID-19 sull’assistenza sanitaria sistema, nel 2020 e nel 2021. Quindi interventi di ristrutturazione degli ospedali, strutture e servizi di assistenza territoriale, servizi di prevenzione, centri di cura e di riabilitazione, ambulatori, diagnostica, farmaceutici e cure a lungo termine;
-altri costi indiretti relativi all’assistenza sanitaria, alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi di Covid-19.

Alcuni si chiedono quale parte svolgerà il MES nella risposta dell’Europa alla crisi del COVID-19:

Per far fronte alla crisi del coronavirus, l’ESM istituirà un sostegno alla crisi pandemica, basato sulla sua linea di credito Enhanced Condition (ECCL) disponibile per tutti i paesi dell’area dell’euro.

Sarà disponibile per tutti gli Stati membri dell’area dell’euro, con condizioni standardizzate concordate in anticipo dagli organi direttivi del MES, che riflettano le sfide attuali, sulla base di valutazioni preliminari da parte delle istituzioni europee.

Questo fa parte di una risposta europea concertata, che include la Commissione europea con la sua rete di sicurezza per i lavoratori chiamata SURE e la Banca europea per gli investimenti con la sua rete di sicurezza per le imprese.

L’iniziativa SURE della Commissione fornisce finanziamenti agli Stati membri fino a un massimo di 100 miliardi di euro coprendo parte dei costi relativi alla creazione o all’estensione di programmi nazionali di lavoro a breve termine.

La Banca europea per gli investimenti offre sostegno di liquidità per aiutare le piccole e medie imprese colpite duramente con un pacchetto di sostegno di emergenza fino a 200 miliardi di euro.

Qual è la base affinché i paesi dell’area dell’euro possano beneficiare del sostegno del MES?

Le valutazioni preliminari della Commissione Europea relative ai rischi di stabilità finanziaria, solvibilità bancaria, sostenibilità del debito e sui criteri di ammissibilità per l’accesso al sostegno di crisi pandemica, hanno confermato che ogni Stato membro è idoneo a ricevere sostegno.

Su questa base, il sostegno alla crisi pandemica è disponibile per tutti gli Stati membri dell’area dell’euro.

Tali valutazioni sono state eseguite dalla Commissione, in collaborazione con la Banca centrale europea (BCE) e in cooperazione con il MES.

Quanti soldi verrebbero messi a disposizione dei paesi?

L’accesso concesso sarà il 2% del prodotto interno lordo dei rispettivi Stati membri alla fine del 2019, come parametro di riferimento.

Per l’Italia corrisponde ad una somma pari a circa 36-37 miliardi di euro.

Se tutti i 19 paesi dell’area dell’euro dovessero attingere dalla linea di credito, ciò comporterebbe un volume combinato di circa 240 miliardi di euro.

Sebbene il sostegno sarà disponibile per tutti gli Stati membri dell’area dell’euro, spetta a ciascuno Stato membro decidere se desidera richiederlo o meno.

Si prevede pertanto che saranno richiesti meno dei fondi teoricamente disponibili per € 240 miliardi.

E anche se un paese richiede la linea di credito, non è necessario prelevare fondi. Le linee di credito sono progettate per essere una protezione o un’assicurazione.

Ci sono condizioni associate?

L’unico requisito per accedere alla linea di credito sarà che gli Stati membri dell’area dell’euro che richiedono assistenza si impegnino a utilizzare questa linea di credito per sostenere il finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi COVID-19.

La linea di credito sarà disponibile fino alla fine del 2022.

Questo periodo potrebbe essere adeguato in caso di necessità, vista l’evoluzione della crisi.

Successivamente, gli Stati membri dell’area dell’euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’UE, compresa l’eventuale flessibilità applicata dalle competenti istituzioni dell’UE.

Quando si dovrà rimborsare il prestito? Quanto costerà?

Un paese con un supporto per crisi pandemiche potrà richiedere di attingere dalla linea di credito precauzionale.

L’ESM può erogare denaro nell’ambito della linea di credito per un periodo di dodici mesi, che può essere prorogato due volte per sei mesi.

I prestiti avrebbero una durata media massima di 10 anni.

Il paese dovrà pagare un margine di 10 punti base all’anno e una commissione di servizio iniziale di 25 punti base.

Questo è inferiore ai prezzi indicati per le consuete linee di credito precauzionali di ESM e contribuirà a ridurre al minimo i costi del supporto per crisi pandemiche.

Cosa succederà dopo?

Dopo l’approvazione dell’Eurogruppo, il consiglio dei governatori del MES si riunirà per concordare la messa a disposizione del sostegno finanziario a tutti i paesi dell’area dell’euro. La prossima riunione è prevista per il 15 maggio.

L’uso dei fondi sarà monitorato e chi eseguirà tale compito?

Secondo il quadro dell’UE, gli Stati membri che beneficiano dell’assistenza finanziaria precauzionale del MES sono soggetti a sorveglianza rafforzata.

Questo compito è svolto dalla Commissione europea che si concentrerà sul monitoraggio e sugli obblighi di comunicazione sull’uso effettivo dei fondi per coprire i costi sanitari diretti e indiretti.

A tal fine, la Commissione non svolgerà missioni ad hoc oltre a quelle standard che si svolgono nell’ambito del semestre europeo.

La Commissione riferirà ogni trimestre al consiglio di amministrazione dell’ESM.

Qual è l’impatto sulle attività di finanziamento del MES?

Non vi è alcun impatto immediato sui nostri volumi e attività di finanziamento.

Comunicheremo il potenziale impatto sulle nostre attività di finanziamento quando dovremo affrontare la richiesta di un Paese.

La scadenza media massima concordata di 10 anni e le modalità concordate per gli esborsi ci consentiranno di utilizzare una vasta gamma di strumenti di finanziamento per aumentare le esigenze di finanziamento supplementari senza intoppi nel tempo.

In generale, un paese può prelevare fino al 15% dell’importo complessivo del sostegno alla crisi pandemica approvato per il rispettivo Stato membro in contanti al mese. È possibile che il MES fornisca liquidità aggiuntiva in relazione a un esborso particolare quando ha i fondi disponibili.

L’impegno a utilizzare questa linea di credito per sostenere il finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi di COVID 19 offre la possibilità di finanziare il potenziale fabbisogno di liquidità aggiuntivo attraverso l’emissione di obbligazioni sociali.

QUI IL PIANO DI RISPOSTA E LA PROPOSTA:

https://www.esm.europa.eu/sites/default/files/pandemic_response_plan.pdf

https://www.esm.europa.eu/sites/default/files/20200515_-_esm_bog_-_md_proposal_for_financial_assistance_-_draft.pdf

IL SSN COME MOTORE DI SVILUPPO PER LA RIPRESA DEL PAESE

La proposta dell’Eurogruppo di consentire agli Stati membri di accedere a un finanziamento per coprire le spese dirette ed indirette dovute alla pandemia pari al 2% del PIL alla fine del 2019, corrispondente a circa 37 miliari di euro per l’Italia, da restituirsi in dieci anni con il costo una tantum di 0,25% e un costo annuale di 0,005% e senza alcuna condizione appare una offerta alla quale non si può dire di no nell’interesse del SSN e dello stesso sistema Paese.

Si tratta di una opportunità irripetibile che offre un vantaggio diretto rappresentato dalla possibilità di rifinanziare in primo luogo l’art. 20 della legge 67/1988 (quello degli investimenti per l’edilizia ospedaliera e le apparecchiature) permettendo in primo luogo di recuperare gli antichi ospedali dismessi, testimoni della sanità italiana e di recuperarli per i servizi territoriali e per le cure intermedie;per completare i tanti ospedali in giro per l’Italia per destinarli a Residenze Sanitarie assistenziali pubbliche e ad attività di riabilitazione (motoria, respiratoria, cardiologica, ecc. oggi sottodimensionati); per acquistare le apparecchiature mancanti per abbattere le liste di attesa; per realizzare i reparti per le malattie infettive mancanti nelle province o per mettere a norma quelli esistenti, per creare più letti per gli acuti e in particolare per le terapie intensive; per fare le manutenzioni non fatte in tanti anni; per acquistare gli impianti per re-internalizzare i servizi di cucina, lavanderia, ecc.; per realizzare una prevenzione veramente efficiente, per attuare un servizio di emergenza sanitaria integrato pubblico, per realizzare le Case della Salute ancora mancanti, per implementare i servizi territoriali in molte parti ancora inesistenti o affidati ai privati; per digitalizzare realmente una volta per tutte tutti i dati ponendo fine alla cronica annuncite di qualche assessore e far funzionare la Cartella clinica digitale, il Fascicolo Sanitario Elettronico; dare ai cronici in comodato dei device che consentano al personale dei Distretti di seguire costantemente il loro stato di salute dando loro la consapevolezza di essere seguiti, ecc.

Grazie a questi investimenti il SSN potrà tornare ad essere un motore di sviluppo per il Paese, incrementando l’occupazione (al 31 dicembre 2017 secondo i dati del Ministero della salute il numero totale si era ridotto a 603.35 unità), ma potrà anche agevolare la nascita e lo sviluppo di industrie sanitarie (farmaci, apparecchiature, dispositivi medici) che crescendo potranno anche contribuire ad aumentare l’esportazione portando in positivo la bilancia dei pagamenti di questo settore.

Comunque l’industria sanitaria ha complessivamente una produzione del valore di € 42,9 miliardi, un settore di importanza strategica, secondo solo a quello alimentare, dando lavoro a circa 66.500 unità (dati tratti dal 15° Rapporto sanità del CREA di Tor Vergata).

Ma il risultato più importante sarà quello di migliorare la salute e la qualità della vita delle persone.

PARTE IL PROGETTO PULVIRUS PER STUDIARE IL LEGAME TRA INQUINAMENTO E COVID-19

Con lo scopo di offrire a istituzioni e cittadini informazioni, risposte e indicazioni, sulla base di dati scientifici, competenze ed esperienze in tema di inquinamento atmosferico e COVID-19 è stata creata una alleanza scientifica con ENEA, Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA, composto da ISPRA e dalle Agenzie Regionali del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) per l’avvio di un progetto di ricerca congiunto denominato PULVIRUS. Si tratta di un’iniziativa di respiro nazionale in raccordo con il Servizio pre-operativo nazionale in via di definizione “Qualità dell’Aria – Mirror Copernicus” e in stretto rapporto con il progetto europeo Life-Prepair sul bacino padano, che si propone di mettere
a fattor comune rilevanti insiemi di dati, competenze ed esperienze in corso di cui dispongono le tre istituzioni e di verificare gli strumenti che la comunità scientifica si è data per supportare le policy ambientali e sanitarie.
In particolare il progetto vuole approfondire:
a) il discusso legame fra inquinamento atmosferico e diffusione della pandemia,
b) le interazioni fisico-chimiche-biologiche fra polveri sottili e virus
c) gli effetti del “lock down” sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra.

Il progetto utilizzerà per lo studio di interazione fra particolato atmosferico e virus sia analisi “in silico”, ossia la riproduzione dell’interazione fra virus e particolato atmosferico mediante la simulazione matematica al computer, sia un modello biologico rappresentativo delle caratteristiche di SARS-CoV-2.

PULVIRUS si svilupperà sull’arco di un anno, ma fra pochi mesi saranno comunque disponibili alcuni risultati significativi, fra i quali l’analisi di fattibilità di un sistema di rivelazione precoce da attivare possibilmente prima della prossima stagione autunnale. Inoltre dati, modelli ed elaborazioni, rapporti e pubblicazioni verranno resi disponibili al pubblico e alla comunità scientifica nazionale attraverso un apposito sito web, costituendo una formidabile base di dati per gli studi successivi.

“Ciò che si è verificato con il lockdown è un evento eccezionale, e speriamo unico, e rappresenta un involontario esperimento di blocco delle sorgenti emissive, altrimenti non attuabile, che può dimostrare l’ampiezza e l’intensità delle misure da porre in essere per rispettare i limiti alle concentrazioni e fornire indicazioni per affrontare le cosiddette ‘emergenze smog’ che si ripresentano annualmente”, spiegano ENEA, ISS e SNPA.

Nello specifico, il Progetto parte dall’evidenza che l’introduzione delle misure di contrasto al COVID-19 ha causato riduzioni delle concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici, riscontrata dai dati delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria. L’analisi preliminare indica che le concentrazioni degli inquinanti non seguono gli stessi andamenti, come è inevitabile che sia per fenomeni complessi e non lineari. La diminuzione delle concentrazioni di alcuni inquinanti come il biossido di azoto (NO2) sembra interessare maggiormente le stazioni di monitoraggio vicine al traffico veicolare e meno quelle lontane dalle sorgenti. Gli andamenti altalenanti della concentrazione del particolato dipendono dal ruolo che la variabilità meteorologica e le reazioni chimiche in atmosfera giocano nella sua formazione e dispersione.

L’obiettivo è quindi quello di effettuare un’analisi seria e approfondita su queste tematiche, fondata su protocolli scientifici verificabili, così da fornire a istituzioni e cittadini informazioni attendibili utili per la migliore comprensione dei fenomeni e l’assunzione delle opportune decisioni.

I PRESIDI RESIDENZIALI PER GLI ANZIANI I DATI DELL’ISTAT

In questi giorni purtroppo i presidi residenziali per gli anziani occupano troppo spesso le prime pagine dei giornali.

Allo scopo di comprendere le dimensioni del problema sono ricorso ai dati dell’ISTAT che riporto qui di seguito integralmente.

In Italia i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi al 31 dicembre 2010 sono 12.808 e dispongono complessivamente di 424.705 posti letto (7 ogni 1.000 persone residenti). Rispetto al 2009 non si riscontrano rilevanti variazioni del fenomeno.

La componente prevalente dell’offerta residenziale è rappresentata dalle “unità di servizio” che svolgono una funzione di tipo socio-sanitario e sono destinate ad accogliere prevalentemente anziani non autosufficienti, con una disponibilità di oltre i due terzi dei posti letto (72%). La restante quota dell’offerta è di tipo socio-assistenziale.

Le forti differenze territoriali restano invariate rispetto all’anno precedente: nelle regioni del Nord si colloca il 66% dei posti letto complessivi, con un tasso di 10 posti letto ogni 1.000 residenti; al Sud la quota di offerta è soltanto di 3 posti letto ogni mille residenti.

Al Nord si registra l’offerta più elevata di servizi a carattere socio-sanitario, con 8 posti letto ogni 1.000 residenti, contro i 2 posti letto del Mezzogiorno.

Nei presidi residenziali sono assistite 394.374 persone: circa 295 mila sono anziani con almeno 65 anni (il 75%), poco più di 80 mila sono adulti tra i 18 e i 64 anni (20%) e circa 19 mila sono minori con meno di 18 anni (5%).

Gli anziani hanno, nella metà dei casi, oltre 85 anni, mentre il 74% degli ospiti anziani risulta in condizioni di non autosufficienza, Molto sbilanciato il rapporto tra generi: su circa 295 mila anziani ospiti dei presidi residenziali, oltre 220 mila sono donne.

Gli adulti (18-64 anni) sono nel 61% dei casi uomini. La tipologia di disagio prevalente è legato alla disabilità o a patologie psichiatriche (circa il 69% degli ospiti).

Il 57% degli ospiti con meno di 18 anni non presenta alcuna problematica specifica, il 25% ha problemi di tossicodipendenza e il 16% risulta avere problemi di salute mentale o disabilità.

Quasi la metà degli ospiti minorenni (47%) viene accolta nelle strutture residenziali per problemi riconducibili al nucleo familiare.

Poco più di 14 mila minori sono stati dimessi dalle strutture di accoglienza nel corso del 2010, più di uno su due risulta reinserito in una famiglia (di origine adottiva o affidataria).

Gli stranieri residenti nei presidi sono complessivamente 16.023 (il 4% degli ospiti complessivi). Nel 59% dei casi si tratta di adulti (3 ogni mille adulti stranieri residenti), nel 35% di minori (6 ogni mille minori stranieri residenti) e soltanto per il 6% di anziani (1 ogni mille anziani stranieri residenti).

Nel 70% dei casi i titolari di queste strutture residenziali sono enti privati. In oltre i due terzi delle residenze sono gli stessi titolari a gestire direttamente il presidio.

I titolari pubblici che non gestiscono direttamente le strutture si affidano più frequentemente ad altre istituzioni pubbliche nel Nord (53% dei casi), mentre nel Centro e nel Mezzogiorno affidano la gestione più spesso al settore privato (rispettivamente nel 54% e nell’83% dei casi).

IL PARERE DEL DIRETTORE REGIONALE PER L’EUROPA DELL’OMS SULLA GESTIONE DELLE STRUTTURE DI ASSISTENZA A LUNGO TERMINE AI TEMPI DEL COVID-19 E PER L’AVVENIRE

Dott. Hans Kluge Direttore regionale Europa dell’OMS

Il Direttore regionale per l’Europa dell’OMS Hans Kluge in una conferenza stampa tenutasi il 23 aprile a Copenaghen ha affrontato il quadro profondamente preoccupante che è emerso dal COVID-19 nelle strutture di assistenza a lungo termine nella regione europea e nel mondo nelle ultime settimane affermando quanto segue:

Secondo le stime dei paesi della regione europea, fino alla metà di coloro che sono morti per COVID-19 erano residenti in strutture di assistenza a lungo termine. Questa è una tragedia umana inimmaginabile. 

Per i molti che stanno vivendo questa perdita, i miei pensieri sono con voi.

Tutti coloro che muoiono nelle case di COVID-19 hanno il diritto di essere assistiti e di ricevere cure di fine vita, incluso il sollievo dei sintomi con farmaci adeguati, circondati dai loro cari.

Le persone che soffrono di disabilità fisiche e / o mentali, spesso in età avanzata, sono particolarmente vulnerabili a questo virus. La loro età avanzata, le condizioni di salute alla base, le sfide cognitive nella comprensione e nel seguire i consigli di salute e igiene dovuti a disabilità intellettiva o demenza, ad esempio, sono tutti fattori che li mettono a maggior rischio.

A molti oggi è impedito di ricevere visite da familiari e amici, non ricevendo più il supporto emotivo e fisico che tali visite forniscono. A volte i residenti affrontano la minaccia di abuso e abbandono.

Eppure ugualmente preoccupante – il modo in cui operano tali strutture di cura, il modo in cui i residenti ricevono assistenza – sta fornendo percorsi per la diffusione del virus. Il ruolo del settore pubblico che non lascia nessuno alle spalle non può essere sopravvalutato.

Anche tra le persone molto anziane che sono fragili e vivono con molteplici condizioni croniche – molti hanno buone possibilità di guarigione se sono ben curati.

Questa pandemia ha acceso i riflettori sugli angoli trascurati e sottovalutati della nostra società. In tutta la regione europea, l’assistenza a lungo termine è stata spesso notoriamente trascurata. Ma non dovrebbe essere così. Guardando al futuro, passando a una nuova normalità, abbiamo un chiaro caso di investimento per la creazione di sistemi integrati di assistenza a lungo termine incentrati sulla persona in ciascun paese.

Abbiamo ereditato i diritti, i valori e le opportunità europei che ci definiscono dalle generazioni precedenti, quindi dobbiamo prenderci cura di loro. È nostro dovere non lasciare indietro nessuno. Dobbiamo intensificare.

Quindi cosa dobbiamo fare?

  1. Responsabilizzare gli operatori sanitari.
  2. Cambiare il modo in cui operano le strutture di assistenza a lungo termine.
  3. Costruire sistemi che privilegiano le esigenze delle persone.

Sul mio primo punto:

Le persone dedite e compassionevoli che lavorano in strutture di assistenza a lungo termine che sono così spesso stressate, sottopagate e non protette – sono gli eroi non celebrati di questa pandemia.

Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che quei lavoratori dispongano di DPI e di altre forniture essenziali per proteggere se stessi e coloro a cui tengono; fornire una remunerazione adeguata per le lunghe ore e il lavoro difficile che svolgono e assicurarsi che dispongano della formazione adeguata per svolgere il proprio lavoro. Qui, l’OMS ha risorse di formazione online e assistenza per l’assistenza.

Dobbiamo cambiare l’ambiente in cui forniscono assistenza, offrendo livelli adeguati di risorse e personale.

In secondo luogo: vi è una necessità immediata e urgente di ripensare e adeguare il modo in cui le strutture di assistenza a lungo termine operano oggi e nei prossimi mesi. Ciò significa trovare un equilibrio tra le esigenze dei residenti e delle loro famiglie e garantire che i servizi siano gestiti in modo sicuro e che il personale sia protetto e ben supportato.
Stabilire piani globali per prevenire e controllare le infezioni;
Dare priorità ai test di eventuali casi sospetti tra i residenti e il personale delle strutture di assistenza a lungo termine;
Fornire DPI, formazione e forniture e attrezzature mediche essenziali per la cura delle case;
Isolare tutti i casi, istituire reparti o spazi separati per i residenti con COVID-19 anche prima che si verifichino i primi casi e assicurarsi che i residenti possano essere indirizzati e dimessi in modo sicuro dall’ospedale.

Queste misure contribuiranno a ridurre la diffusione del virus e consentiranno nuovamente l’apertura gestita di tali abitazioni a famiglie e visitatori.

E il mio terzo punto: da ora in poi, i sistemi di assistenza a lungo termine di qualità, dotati di risorse, forti e sostenibili che privilegiano i bisogni e la dignità delle persone devono essere il nostro standard di riferimento. 

È necessario l’impegno dei più alti livelli di governo, in ogni sezione della nostra società. Il coordinamento e la continuità tra i servizi sanitari e sociali, nonché attraverso i sistemi di informazione, devono essere rafforzati. 

Dobbiamo riunire medici, infermieri, farmacisti, operatori sanitari sociali e di altro tipo, operatori sanitari e, soprattutto, residenti nelle case di cura, nel processo decisionale e nella fornitura di assistenza.

Abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri. Condividiamo esperienze pertinenti nell’intera società e approcci comunitari alla cura. L’OMS è pronta a supportare i paesi nella creazione di sistemi integrati di assistenza a lungo termine incentrati sulla persona.

In conclusione, vorrei ripetere il mio appello. Insieme, attraverso settori e società, dobbiamo agire:

  1. Ora per garantire che i servizi nelle strutture di assistenza a lungo termine siano sicuri e di supporto;
  2. Nelle settimane e nei mesi a venire, il personale viene formato e abilitato a fornire cure sicure ed efficaci; e
  3. A lungo termine in modo che ogni persona che vive nei sistemi di cura abbia una voce e sia valutata.

LA NUOVA EDIZIONE DI “SALUTE UGUALE PER TUTTI: …NOI CREDEVAMO…”

La nuova edizione del mio saggio è stata resa necessaria dall’emergenza sanitaria dell’epidemia che ha riportato l’attenzione sul SSN e sulle modalità del suo funzionamento.

Uno dei primi capitoli del volume è dedicato al SSN come motore di sviluppo e di democrazia.

Per troppi anni la maggioranza dei nostri rappresentanti politici ha visto nel Servizio sanitario nazionale solamente una fonte di costi elevata senza rendersi conto che grazie al SSN si è sviluppato un sistema che in Italia occupa direttamente 1.158.321[1] unità di personale sanitario, ai quali dobbiamo aggiungere quello amministrativo e quello dell’indotto (servizi sanitari, servizi ospedalieri e residenziali, commercio ecc.) per un totale di 2,4 milioni pari al 10% della forza lavoro del Paese.

La “filiera della salute” include i settori che producono, fanno ricerca, commercializzano e offrono servizi di natura sanitaria[2] ed è composta sia dalla parte pubblica, sia dalla parte privata che è prevalentemente dedita alla manifattura industria farmaceutica, dispositivi e tecnologie medicali), il commercio e i servizi.

Un sistema che ha anche favorito la crescita in Italia di una industria medicale che rappresenta uno dei principali motori di sviluppo del Paese[3] con una produzione pari a € 42,9 miliardi che rappresenta il 12,4% di quella realizzata a livello europeo.

Il saldo commerciale peraltro è negativo per € 0,5 mld mentre è positivo se si esamina il solo il settore farmaceutico.

Molto fiorente anche la produzione di dispositivi medici italiani che rappresentano il 10,0% di questo mercato in continua espansione.

Il saldo della bilancia dei pagamenti nel settore dei dispositivi medici, sempre nel 2017, pur essendo anch’esso negativo è in diminuzione ed è pari a € 1,9 miliardi.

Da non sottovalutare anche l’apporto delle ICT che stanno contribuendo notevolmente allo sviluppo del SSN.

Per quanto riguarda la diagnostica in vitro siano al 16,0% della produzione europea preceduti solo da Germania e Francia.

In sostanza la “filiera della salute” contribuisce in maniera notevole alla formazione della ricchezza nazionale producendo un elevato volume di reddito, assorbendo una quota rilevante di personale altamente qualificato ed investendo notevoli risorse nella ricerca e nell’innovazione.

Se guardiamo indietro, in questi quaranta anni l’assistenza sanitaria è cambiata in maniera notevole.

Il SSN in questi anni, nonostante i molti problemi, ha garantito:
-Maggiore sicurezza dal punto di vista sanitario;
-Benessere diffuso, con eliminazione del divario tra salute e benessere;
-Maggiore equità rispetto al passato, anche se permangono numerose disuguaglianze che rappresentano un fattore di malessere sociale da sradicare;
-Prevenzione delle malattie, che in precedenza era molto limitata.

Mentre un tempo le persone venivano ricoverate in ospedale quando non c’era più nulla da fare, per morire, oggi le persone si recano serene in ospedale per essere guarite e per poter tornare ad una vita normale insieme ai loro cari.

Peraltro, anche a causa delle mutate condizioni sociali e della situazione economica non favorevole si assiste ad una caduta di valori come la solidarietà sociale e ad una forte contrazione del welfare state.

Dopo l’epidemia sarà opportuno investire sul SSN per favorire la ripresa e per contribuire ad eliminare le profonde disuguaglianze che si sono create nel nostro Paese e per eliminare il forte disagio sociale causato dalla crisi economica dovuta al coronavirus.

Al link seguente è possibile leggere ed eventualmente acquistare sia la copia cartacea che quella in ebook:

https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/512667/salute-uguale-per-tutti-2/


[1]Dati ISTAT al 2017 che comprendono anche i medici di medicina generale

[2]Confindustria Rapporto annuale Filiera della salute

[3]D.D’ANGELA, C.CARRIERI, Industria sanitaria: evoluzione e prospettive, in 15° Rapporto del CREA Sanità