
Da quanto si legge nel documento sul personale del Sistema Sanitario Italiano pubblicato dal Ministero della salute ad agosto 2022 le unità in servizio nelle strutture pubbliche del SSN sono passate dalle 888.367 del 2000 alle 617.466 del 2020, ripartite come segue: 72,3% ruolo sanitario; 17,8% ruolo tecnico; 9,7% ruolo amministrativo e lo 0,2% ruolo professionale[1].
Nell’ambito del ruolo sanitario il personale medico era di 103.092 unità, mentre gli infermieri erano 276.257 con un rapporto di 2,6 infermieri per ogni medico.
Il Servizio Sanitario Nazionale ha una media di 4,63 infermieri per 1000 abitanti contro i 10,8 della Francia e i 13,2 della Germania.
Il personale del SSN a tutti i livelli è oramai allo stremo soprattutto nei reparti di emergenza ma nonostante le promesse fatte durante la campagna elettorale non viene fatto nulla.
Lo spirito aziendalistico che anima certi direttori generali li porta ad affidare all’esterno anche quelli che dovrebbero essere servizi “core” come i servizi di emergenza.
Viene fatto risalire al 1996 l’avvio dell’outsourcing[2] termine con il quale si intende il trasferimento, in base a un rapporto di tipo contrattuale, della produzione di servizi e attività strumentali, che in precedenza erano svolte al proprio interno, ad imprese private[3] con il coinvolgimento di operatori portatori di competenze non presenti altrimenti nelle aziende e negli enti del SSN.
Le scelte politiche del Parlamento hanno di fatto indotto gli enti e le aziende di tutte le regioni, comprese quelle in Piano di rientro, al fine di assicurare comunque i servizi, ad appaltare all’esterno sia i servizi economali (pulizie, ristorazione, lavaggio della biancheria piana e delle divise) che quelli tecnologici (manutenzione, riscaldamento), quelli informatici, quelli vigilanza, ecc. ma anche quelli sanitari (ausiliariato, assistenza domiciliare, ecc.), o reclutando personale presso agenzie per il lavoro.
Il risultato di queste scelte è stato un aumento notevole della spesa per i servizi che supera il 50% del totale e conseguentemente della spesa complessiva, tanto che in alcune aziende è raddoppiata dal 2000 al 2020.
L’aumento del numero degli appalti espone le aziende anche a rischio di corruzione.
Nello stesso tempo la qualità di molti servizi invece di migliorare è peggiorata.
A questo si aggiungono le problematiche relative al personale delle ditte appaltatrici che nel caso di un nuovo appalto si trova a dover combattere per vedere riconosciute le clausole sociali di tutela previste nello schema di contratto tipo.
A quanto sopra si sono aggiunte le misure straordinarie per il rafforzamento del personale sanitario nell’emergenza Coronavirus per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio sanitari.
Di recente la rivista The Lancet ha effettuato uno studio da cui risulta che l’esternalizzazione di servizi sanitari a società aventi scopo di lucro introdotta nel NHS nel 2012 avrebbe influenzato la qualità dei servizi sanitari e il tasso di mortalità evitabile[4].
Appare evidente come questa situazione debba essere invertita.
[1] Fonte: Ministero della salute, Annuario statistico 2020
[2] Ministero della sanità, Linee Guida n. 2/1996.
[3] G. Vetritto, L’esternalizzazione strategica nelle amministrazioni pubbliche, Rubbettino Edizioni, Soveria Mannelli (CZ) 2006.
[4] B. Goodair, A. Reeves, Outsourcing health-care services to the private sector and treatable mortality rates in England, 2013–20: an observational study of NHS privatization, The Lancet.com/public-health Vol 7: e638-e646, July 2022