
L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha pubblicato di recente uno studio sui consumi intermedi della pubblica amministrazione.
Molto interessante è l’approfondimento del settore sanitario nell’ambito del quale la nuova governance, attuata progressivamente a partire dalla metà degli anni 2000, prevedeva che i piani di rientro indicassero obiettivi di contenimento per i fattori di spesa fuori controllo, le azioni da intraprendere e i risultati da raggiungere e comprendeva, tra l’altro, alcune azioni rilevanti ai fini degli esborsi per consumi intermedi: ampliamento della distribuzione diretta dei medicinali presso il domicilio degli assistiti, che avviene tramite le strutture ospedaliere o i presidi delle aziende sanitarie locali o grazie a specifici accordi con le farmacie territoriali, pubbliche e private (distribuzione per conto); tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera; centralizzazione degli acquisti e monitoraggio degli stessi; riorganizzane della rete ospedaliera, con obiettivi sempre più ridotti per lo standard dei posti letto.
Sul fronte dei prezzi, come è noto, a partire dal 2000 è stata posta in essere una serie articolata di strumenti normativi, organizzativi, contrattuali e di controllo, affidati alla gestione centralizzata da parte di un insieme di istituzioni tra cui, in particolare, la Consip e i soggetti aggregatori regionali. Le misure sono state volte, da un lato, ad aumentare la capacità negoziale della PA nell’acquisto di beni e servizi, anche grazie allo sfruttamento di competenze specifiche e di mezzi per l’acquisto tecnologicamente avanzati, dall’altro, a costituire benchmark da utilizzare sia come parametri di riferimento in sede operativa da parte delle singole amministrazioni, sia ai fini di controllo.
Per la sanità si possono ricordare le seguenti misure, progressivamente adottate: obbligo di motivare agli organi di controllo e di revisione gli acquisti di beni e servizi operati al di fuori delle convenzioni Consip e con importi che superano quelli dei prezzi di riferimento tratti dalle convenzioni stesse; obbligo di rinegoziare i contratti (accedendo anche, ad esempio, a convenzioni-quadro di altre Regioni, se più convenienti) qualora il prezzo sia superiore del 20 per cento a quello di riferimento determinato dall’Osservatorio dei contratti pubblici o in alternativa possibilità di recedere, senza oneri, in deroga al codice civile; riduzione del 5 per cento nel 2012 e del 10 per cento per il 2013 degli importi e connesse prestazioni di tutti i contratti di appalto di servizi e fornitura di beni e servizi (esclusi i farmaci); abbattimenti dei prezzi usati come base d’asta per i dispositivi medici; imposizione di un tetto di spesa per i dispositivi medici a partire dal 2013, con eventuale sforamento inizialmente posto a carico delle Regioni (a meno che non abbiano ottenuto l’equilibrio finanziario)48; ulteriore rinegoziazione dei contratti in essere nel 2015 (senza modifica della durata), volta a ridurre i prezzi unitari e/o i volumi, in modo tale da ridimensionare il valore complessivo degli acquisti di beni e servizi del 5 per cento e da garantire per i dispositivi medici il tetto di spesa regionale, da fissare in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 15 settembre. Inoltre, è stato previsto l’utilizzo degli strumenti telematici messi a disposizione dalla Consip o dalle centrali di committenza regionali di riferimento per effettuare gli acquisti; la regolarità delle procedure di acquisto (compresi gli obblighi informativi delle Regioni) è divenuta parte degli adempimenti richiesti alle Regioni ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo; è stata prevista la pubblicazione sul sito web dei prezzi unitari corrisposti dalle aziende sanitarie locali; sono state previste una serie di disposizioni per regolare la trasmissione e gestione delle fatture elettroniche e la messa a disposizione dei prezzi di riferimento dei dispositivi medici, da utilizzare ai fini delle rinegoziazioni.
Gli acquisti di beni e servizi, nell’ambito della spesa del SSN, appaiono come una delle voci più difficili da contenere64; tuttavia va osservato che l’incremento degli esborsi in parte è dipeso dai pagamenti via via crescenti per farmaci in distribuzione diretta e per conto che precedentemente venivano procurati tramite le farmacie in convenzione (e dunque corrisponde all’alleggerimento di un’altra voce di spesa non compresa nei consumi intermedi in senso stretto, ma nelle prestazioni acquisite da produttori market).
Il grafico pubblicato all’inizio riporta dati in termini di numeri indice, mostra che la spesa per acquisti di beni e servizi è aumentata dell’85 per cento tra il 2003 e il 2015 (con un tasso di crescita tendenzialmente in rallentamento fino al 2013 e poi in lieve ripresa), ma, soprattutto dal 2008, è stata trainata principalmente dai beni (che rappresentano il 54 per cento del totale nel 2015), aumentati complessivamente del 107 per cento, contro il 64 per cento dei servizi.
Nell’ambito dei beni è stato possibile enucleare le voci relative a farmaci ed emoderivati (32 per cento della spesa complessiva nel 2015, circa 10,2 miliardi) e dispositivi medici (18 per cento della spesa, 5,8 miliardi); tra i servizi, si riporta l’andamento di manutenzioni e godimento di beni di terzi (che insieme rappresentano il 10 per cento della spesa, circa 3,1 miliardi) e servizi appaltati (15 per cento, 4,9 miliardi). Complessivamente si tratta di circa tre quarti della spesa.