
Il 13 dicembre l’OECD-OCS ha pubblicato il profilo della sanitò 2021 dell’Italia.
Da quanto si legge nel rapporto l’aspettativa di vita in Italia è tra le più alte in Europa, ma nel 2020 si è abbassata, almeno temporaneamente, a causa dei
decessi dovuti al COVID-19. Tuttavia anche prima della pandemia, in particolare dal 2010, era stato registrato un rallentamento considerevole della crescita dell’aspettativa di vita rispetto ai decenni precedenti, in parte dovuto a tassi di mortalità più elevati per malattie respiratorie tra gli anziani.
I fattori di rischio per la salute rappresentano le principali cause di mortalità in Italia. Sebbene nell’ultimo decennio il consumo di tabacco sia diminuito tra gli adulti, nel 2018 quasi il 30 % dei quindicenni ha riferito di aver fumato nell’ultimo mese. Anche il tasso di inattività fisica tra adolescenti e adulti in Italia è relativamente elevato, il che contribuisce a sovrappeso e obesità.
Nel decennio precedente l’epidemia COVID-19, la spesa sanitaria in Italia era aumentata in modo contenuto. Nel 2019 la spesa sanitaria è stata nettamente inferiore alla media UE, sia a livello pro capite che in percentuale del PIL, e circa il 74 % è stato finanziato con fondi pubblici, una quota inferiore alla media UE pari all’80 %. In risposta all’epidemia COVID-19 il governo italiano ha stanziato ulteriori finanziamenti per 3,7 miliardi di EUR nel 2020 e 1,7 miliardi di EUR nel 2021 per il sistema sanitario, un aumento del 3,3 % e dell’1,7 % rispetto al piano di finanziamento originario.
Benché il sistema sanitario italiano garantisca generalmente un buon accesso a prestazioni sanitarie di elevata qualità, la pandemia ha portato alla luce importanti debolezze strutturali, e in particolare gli anni di limitati investimenti nel personale sanitario e nel sistema informativo sanitario.
Malgrado in Italia l’accesso all’assistenza sanitaria sia complessivamente buono, l’epidemia COVID-19 ha ostacolato notevolmente l’accesso alle cure: il
23 % della popolazione ha riferito di aver rinunciato alle cure durante i primi 12 mesi della pandemia, un tasso leggermente più elevato rispetto alla media UE, pari al 21 %.
Nel 2019 circa tre quarti (73 %) degli adulti italiani hanno riferito di essere in buona salute, una percentuale leggermente superiore alla media UE (69 %). Tuttavia, secondo EU-SILC, un adulto italiano su sei (16 %) ha riferito di essere affetto da almeno una patologia cronica, e tale percentuale aumenta con l’età (il 37 % delle persone dai 65 anni in su soffre di una o più patologie croniche).
Un problema emergente dovuto all’epidemia COVID-19 è il numero di pazienti che hanno problemi di salute persistenti per un lungo periodo dopo aver contratto il virus. Il cosiddetto Long COVID, caratterizzato da sintomi che includono dolore toracico e muscolare, affaticamento, dispnea, ansia e disfunzioni cognitive, può impedire il ritorno ad una vita normale, con ripercussioni sanitarie ed economiche potenzialmente durature. La percentuale di persone che riferiscono sintomi persistenti è particolarmente alta tra coloro che sono stati ricoverati per COVID-19.
L’Italia è stata tra i paesi dell’UE più duramente colpiti dal COVID-19 in termini di mortalità, in particolare durante la prima ondata. Come altri paesi dell’UE, nella prima metà del 2021 anche l’Italia ha accelerato la sua campagna vaccinale, ritenuta la principale via d’uscita dalla pandemia, continuando nel
frattempo ad attuare altre misure per proteggere la popolazione e ridurre la pressione sugli ospedali.
In Italia la pandemia ha stimolato la diffusione di molte pratiche innovative, come ad esempio la creazione di unità speciali in grado di assicurare la continuità assistenziale, il cui potenziamento permetterebbe di costruire un sistema sanitario più resiliente.