
Da quando nel 2007 l’allora Ministro della sanità Livia Turco presentò, nell’ambito del Forum della Pubblica Amministrazione, la realizzazione di strutture denominate “Casa della Salute”, quali presìdi strategici dei Distretti, per dare una risposta unitaria alle aspettative di assistenza sanitaria e sociale della popolazione è iniziata da parte di alcuni medici di medicina generale una resistenza dapprima morbida ma poi sempre più vivace nei confronti di queste strutture e ai tentativi di organizzare in una maniera diversa il loro lavoro nell’ambito dell’assistenza distrettuale.
La riforma dell’assistenza territoriale di fatto prevista nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con le Case della Comunità e gli ospedali di Comunità in cui saranno chiamati a prestare la loro opera anche i medici di famiglia ha contribuito a far crescere l’attenzione su questi temi[1].
Le recenti prese di posizione da parte della FNOMCeO[2] in relazione alla ipotesi di trasformare il rapporto di lavoro dei medici di famiglia da convenzionato a dipendente hanno stimolato un dibattito molto vivace sull’argomento[3].
Forse qualcuno ha dimenticato che l’art. 25, 3° comma della legge 833 del 1978 stabilisce quanto segue: «L’assistenza medico‐generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino»[4].
Questa non scelta del legislatore è nata dalla necessità di comporre le posizioni, all’epoca molto distanti tra il Partito Socialista che era impegnato in una battaglia riformista ispirata al Rapporto Beveridge del National health Service e la Democrazia Cristiana che voleva difendere la categoria.
Peraltro quando i ministri della sanità che si sono avvicendati negli anni successivi[5] sono stati chiamati a regolamentare lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali la figura del medico di famiglia è stata dimenticata e la stessa cosa è avvenuta quando si è dovuta emanare la disciplina concorsuale del personale delle unità sanitarie locali con il DM 30 gennaio 1982.
Parallelamente i medesimi governi hanno provveduto a regolamentare diversamente mediante accordi collettivi nazionali i rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dell’art. 8 d.lgs 30 dicembre 1992, n. 502 mediante accordi collettivi nazionali.
Di fatto la categoria dei medici di famiglia si è andata distanziando sempre più dalla dirigenza medica delle aziende sanitarie anche perché a differenza di quest’ultima è stato previsto un percorso formativo specialistico non universitario con corsi di formazione specifica in medicina generale gestiti dalle Regioni e dagli ordini dei medici.
Anche i pazienti in questi quaranta anni hanno assistito a molti cambiamenti che sono iniziati con l’abbandono da parte dei medici di medicina generale del servizio H24 (con la conseguente nascita della Guardia medica) e con la riduzione progressiva delle visite a domicilio.
L’ACN attualmente in vigore ha inoltre previsto quattro sotto-specializzazioni per la medicina generale:
- Medici di assistenza primaria (il medico di famiglia);
- Medici di continuità assistenziale (ex Guardia medica)
- Medici di Emergenza Territoriale (che operano nei Punti di Primo Intervento)
- Medici dei servizi territoriali (che operano nell’assistenza distrettuale).
La riforma dell’assistenza territoriale invocata da più parti dopo lo scoppio dell’epidemia prevede che il medico di famiglia sia parte integrante e sostanziale dell’organizzazione sanitaria complessiva integrandosi anche con gli altri servizi e presidi distrettuali e ospedalieri.
Questa funzione secondo molti può essere svolta solamente con il passaggio dei medici di medicina generale a rapporto di dipendenza il che, come già accennato già suscitato vivaci reazioni da parte delle organizzazioni sindacali degli interessati[6].
Una modifica dell’attuale stato di cose appare ineluttabile.
Il governo, ove decidesse di modificare il rapporto con i medici di medicina generale da convenzionato a dipendente dovrà definire ex novo la loro formazione specialistica portandola a livello universitario, integrare il DPR 761/1979, modificare la normativa concorsuale e prevedere un nuovo Contratto Nazionale Collettivo di Lavoro.
Non si tratta di cose di poco conto dato che richiederanno una nuova trattativa che si annuncia abbastanza complessa. Ma il Governo avrà la volontà e la forza, in questo momento, per portare avanti una scelta così difficile?
[1]M.GABANELLI, S.RAVIZZA, Il Recovery Fund cambia la sanità. Ecco perché i medici di base devono diventare dipendenti, Corriere della sera, 25 maggio 2021
[2]Fnomceo, Audizione in Commissione igiene e sanità del Senato, 21 ottobre 2020
[3]Commissione salute delle Regioni, Prima analisi criticità e possibili modifiche nelle relazioni SSN/MMG in particolare nella prospettiva della riforma dell’assistenza territoriale determinata da PNRR, 20 settembre 2021
[4]A questo proposito ricorso che i medici di medicina generale sono dipendenti in Svezia, Finlandia, Spagna, Portogallo e Grecia; sono liberi professionisti in Francia, Germania, Belgio, Austria e Lussemburgo; sono convenzionati in Italia, Danimarca, Olanda, Irlanda e Inghilterra
[5]Altissimo, Aniasi, Degan, Donat-Cattin, De Lorenzo, Costa, Garavaglia, Guzzanti, Bindi, Veronesi, ecc.
[6]FIMMG, Per una riforma della medicina generale, 27 settembre 2021