
E’ stato pubblicato il Rapporto dell’ISTAT “Benessere Equo e Sostenibile 2020”.
Sono dieci anni che è partito il progetto BES che misura molto più del Prodotto Interno Lordo (PIL) la qualità della vita di una nazione.
Il PIL infatti non tiene conto della salute delle famiglie, delle condizioni dell’ambiente, della qualità dell’educazione, delle condizioni sociali o della felicità dei cittadini.
L’impossibilità del PIL di catturare gli aspetti realmente positivi della vita fu denunciata da Robert Kennedy sin dal 1968[1].
Quest’anno molto spazio è stato dato nel rapporto annuale sul BES alla salute. Ho ritenuto interessante riportare qui alcuni passaggi relativi all’aumento della disuguaglianza della mortalità in base al livello di istruzione
“Nel periodo pandemico il divario di mortalità tra meno e più istruiti si è ulteriormente allargato. In Italia, come in tutti i Paesi europei, chi è più povero di competenze e di risorse tende ad ammalarsi più spesso e presenta in media una speranza di vita più bassa. Nel complesso, gli italiani mostrano minori disuguaglianze sociali di mortalità rispetto al resto dei paesi europei grazie alla protezione della dieta mediterranea, della rete familiare e di un sistema sanitario universalistico.
I dati di mortalità Istat per livello di istruzione mostrano tuttavia, nel periodo pre-pandemico, significative disuguaglianze a sfavore delle persone meno istruite.
Le diseguaglianze sociali nella mortalità sono maggiori tra gli uomini e nelle fasce centrali della vita (dove la mortalità può essere definita ‘evitabile’).
Analizzando la mortalità per i diversi livelli di istruzione, si scopre che in corrispondenza della prima ondata della pandemia il divario di mortalità tra meno e più istruiti, che si osservava già nel 2019, si è ulteriormente allargato; i meccanismi che espongono al rischio di morte hanno, infatti, agito con maggiore virulenza sulle persone meno istruite.
QUI POTETE SCARICARE IL TESTO INTEGRALE DEL RAPPORTO
[1]Si tratta del famoso discorso tenuto all’Università del Kansas il 18 marzo 1968: «Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Il Prodotto interno lordo non tiene conto della salute dei nostri figli, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei nostri rapporti familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri funzionari pubblici. Non misura la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la nostra devozione per il nostro paese. Misura tutto, in breve, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta»