LE DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE DEL PRESIDENTE DRAGHI SULLA SANITA’

Ieri 17 febbraio 2021 il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, prof. Draghi ha letto le proprie dichiarazioni programmatiche al Senato della Repubblica.

Dal resoconto stenografico della seduta n. 298 si leggono molti riferimenti al progetto per affrontare il problema della salute:

Da quando è esplosa l’epidemia, ci sono stati – e i dati ufficiali sottostimano il fenomeno – 92.522 morti e 2.725.106 cittadini colpiti dal virus. In questo momento sono i ricoverati in terapia intensiva 2.074 pazienti.

Ci sono 259 morti tra gli operatori sanitari e 118.856 sono quelli contagiati, a dimostrazione di un enorme sacrificio sostenuto con generosità e impegno. Sono cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani.

L’aspettativa di vita a causa della pandemia è diminuita: fino a quattro o cinque anni nelle zone di maggior contagio e di un anno e mezzo o due per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle guerre mondiali. La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro Paese, con rilevanti impatti sull’occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne: un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento.

Si è anche aggravata la povertà. I dati dei centri di ascolto Caritas, che confrontano il periodo maggio-settembre 2019 con lo stesso periodo del 2020, mostrano che da un anno all’altro l’incidenza dei nuovi poveri passa dal 31 al 45 per cento. Quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Tra i nuovi poveri aumenta, in particolare, il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani, che oggi sono la maggioranza rispetto anche allo scorso anno, e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorate dall’indigenza. Il numero totale di ore di cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1° aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i quattro milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444.000 unità, ma il calo si è accentrato sui contratti a termine e i lavoratori autonomi. La pandemia ha finora colpito soprattutto giovani e donne; è una disoccupazione selettiva, ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato.

Gravi e con pochi precedenti storici sono gli effetti sulla disuguaglianza. In assenza di interventi pubblici, una misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, che si chiama il coefficiente di Gini, sarebbe aumentata nel primo semestre del 2020 di quattro punti percentuali rispetto al 34 per cento del 2019. Questo aumento sarebbe stato maggiore di quello cumulato durante le due recenti recessioni. L’aumento della diseguaglianza è stato tuttavia attenuato dalle reti di protezione presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale, in particolare dai provvedimenti che dall’inizio della pandemia li hanno rafforzati.

Rimane però il fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi. Le previsioni pubblicate la scorsa settimana dalla Commissione europea indicano che, sebbene nel 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse (quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia), in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022, in un contesto in cui prima della pandemia non avevamo ancora recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-2009 e del 2011-2013.

La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche in quello culturale ed educativo. Le ragazze e i ragazzi soprattutto quelli delle scuole secondarie di secondo grado, hanno avuto il servizio scolastico attraverso la didattica a distanza, che, pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare le diseguaglianze. Un dato chiarisce meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1,039 milioni di studenti, il 61 per cento del totale, hanno avuto assicurato il servizio attraverso la didattica a distanza.

Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare con decisione e rapidità una strada di unità e impegno comune.

Il piano di vaccinazione. Gli scienziati in solo dodici mesi hanno fatto un miracolo; non era mai accaduto che si riuscisse a produrre un nuovo vaccino in meno di un anno. La nostra prima sfida è ottenerlo nelle quantità sufficienti e distribuirlo rapidamente ed efficientemente. Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla Protezione civile, alle Forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, che spesso non sono ancora pronti. Abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private, facendo tesoro dell’esperienza fatta con i tamponi, che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati, e soprattutto imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate. La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus.

Sulla base dell’esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base: case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria. È questa la strada per rendere realmente esigibili quelli che sono chiamati i Livelli essenziali di assistenza e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina e con l’assistenza domiciliare integrata”.

Qui il link al resoconto stenografico dell’intervento del Presidente draghi:

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/0/hotresaula/0/0/index.html?part=doc_dc-ressten_rs-gentit_cdpdcdmecd

Autore: francobrugnola

Scrittore, mi occupo prevalentemente degli enti locali e di sanità, settori nei quali ho lavorato molti anni come dirigente.

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