
Sul fascicolo di febbraio 2021 della Rivista web della Corte dei conti è stato pubblicato un interessante saggio di Pietrangelo de Biase e Sean Dougherty edito dall’OECD proprio in questi giorni in cui sono state esaminate le modifiche che i vari Paesi hanno apportato alla loro configurazione federalista durante la prima ondata dell’epidemia.
La pandemia di Coronavirus ha esercitato un’estrema pressione sui servizi di sanità pubblica, spesso a livello di governo locale e regionale.
Il documento si concentra su come i paesi hanno apportato modifiche alla configurazione del federalismo durante la prima ondata di pandemia.
Questi cambiamenti hanno coinvolto la centralizzazione e decentralizzazione di alcune attività legate alla salute, così come la creazione di nuovi meccanismi di coordinamento e finanziamento. Strumenti specifici che sono stati utilizzati per includere un ruolo rafforzato del ramo esecutivo (“federalismo esecutivo”), l’uso dei centri di governo per il coordinamento verticale, nonché l’introduzione di leggi uniche sullo stato di emergenza.
Nuovi accordi di coordinamento orizzontale sono emerse anche con gli approcci più decentralizzati.
I punti di forza, i punti deboli e i rischi di implementazione dei vari approcci nel saggio sono stati analizzati utilizzando gli esempi di vari Paesi.
Queste modifiche hanno in genere riguardato la centralizzazione o la decentralizzazione di alcune attività sanitarie, oltre alla creazione di nuovi meccanismi di coordinamento e di finanziamento.
Molto interessante è la parte relativa agli acquisti dei beni e servizi in molti casi centralizzati.
In un momento in cui in Italia molti hanno chiesto la modifica del Titolo V della Costituzione ricentralizzare alcune competenze questo articolo appare illuminante al fine di individuare, anche grazie alle esperienze altrui, il giusto equilibrio ed evitare, per l’avvenire alcuni rimpalli di accuse cui abbiamo assistito anche di recente.