
L’OMS sin dal 2000 introdusse la figura dell’infermiere di famiglia individuato come componente di un team multidisciplinare di operatori sanitari per il raggiungimento degli obiettivi di salute stabiliti dall’OMS Europa[1].
La legge 190/2014 (legge di stabilità 2015) al comma 566 dell’art. 1 ha stabilito che: «Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari».
A sua volta gli artt.4 e 5 della legge 3/2018 hanno valorizzato anche il ruolo degli infermieri professionali, aprendo la strada a nuovi profili professionali.
Fino al 2020 non esisteva ancora una normativa a livello nazionale per definire la figura dell’infermiere di famiglia anche se talune regioni[2] avevano già approvato alcuni provvedimenti.
Finalmente grazie al 5° comma dell’art. 1 del D.L. 34/2020 convertito con legge 77/2020 al fine di potenziare la presa in carico dei soggetti infettati da SARS.CoV-2 è stata introdotta questa figura in numero non superiore ad otto unità ogni 50.000 abitanti.
La norma prevede che l’utilizzo di questo personale debba aver termine al 31 dicembre 2020.
Allo scopo di definire i compiti dell’infermiere di famiglia la Commissione sanità della Conferenza Stato-Regioni ha predisposto un documento (che è stato approvato oggi 10 settembre) in base al quale si afferma che l’infermiere di famiglia/di comunità è un professionista appositamente formato, che ha un forte orientamento alla gestione proattiva della salute e opera rispondendo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale e comunitario di riferimento, favorendo l’integrazione sanitaria e sociale dei servizi. Opera sul territorio, a seconda dei modelli organizzativi regionali, diffonde e sostiene una cultura di Prevenzione e Promozione di corretti stili di vita, si attiva per l’intercettazione precoce dei bisogni e la loro soluzione. Garantisce una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito comunità di riferimento, fornisce prestazioni dirette sulle persone assistite qualora necessarie e si attiva per facilitare e monitorare percorsi di presa in carico e di continuità assistenziale in forte integrazione con le altre figure professionali del territorio, in modo da rispondere ai diversi bisogni espressi nei contesti urbani e sub-urbani. Svolge la sua attività integrandola in una più ampia rete di protezione sanitaria e sociale, in grado di attivare e supportare le risorse di pazienti e caregiver, del volontariato, del privato sociale, e più in generale della comunità.
Si prevede che l’infermiere di famiglia sia u dipendente del Distretto ma che lavori in stretto contatto anche con i medici di famiglia.
Ci si augura che finita l’epidemia questa figura sia mantenuta anche perché in futuro il target dovrebbe essere la popolazione anziana e disabile consentendo così di migliorarne la qualità dell’assistenza.
[1]OMS, The family health nurse: Context, conceptual framework and curriculum
[2]Regione Piemonte, LR 23/2015; Regione Toscana, delibera n. 597/2018