IL RAPPORTO 2020 DELLA CORTE DEI CONTI SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

La Corte dei conti, nell’adunanza delle Sezioni riunite in sede di controllo il 15 maggio 2020 ha approvato il “Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica” che quest’anno dedica molto più spazio del solito alla spesa per la sanità alla prova del Covid-19 tra vincoli finanziari e nuove necessità.

Secondo la Corte ’emergenza che il Paese sta affrontando ha reso più evidente, ove ve ne fosse stato bisogno, l’importanza di poter contare su una assistenza sanitaria efficiente e in grado di rispondere a minacce rese più insidiose da un sistema economico sempre più aperto e globalizzato. Una esperienza che ne ha messo anche in rilievo punti di forza e debolezze rendendo evidente l’ineludibilità di scelte che, al di là dell’emergenza straordinaria prodotta da “un nemico” inatteso, erano già di fronte a noi.

Sono quattro gli aspetti su cui ci si è più soffermati:
a) la graduale riduzione della spesa pubblica per la sanità e il crescente ruolo di quella a carico dei cittadini,
b) la contrazione del personale a tempo indeterminato e il crescente ricorso a contratti a tempo determinato o a consulenze;
c) la riduzione delle strutture di ricovero e l’assistenza territoriale;
d) il rallentamento degli investimenti.

La quota di spesa privata ha raggiunto i 39,8 miliardi annui pari al 2,3 per cento del prodotto. Un peso superiore a quello della Germania (1,7 per cento), della Francia (1,9), ma inferiore al livello raggiunto in Spagna e Portogallo, dove si pone tra il 2,6 e il 3,1 per cento del prodotto.

La Pubblica amministrazione continua ad essere il principale finanziatore della spesa per tutte le funzioni (la spesa per assistenza per cura e riabilitazione è per oltre l’80 per cento assicurata dalla PA); tuttavia nello stesso periodo, a fronte di una flessione di 3,1 punti di quella pubblica (dovuta al calo della componente per la funzione di assistenza ospedaliera in regime ordinario, a sua volta spiegata da una progressiva diminuzione dei ricoveri), quella diretta delle famiglie è cresciuta del 25,1 per cento. Al suo interno, sono quella ambulatoriale (+30 per cento) e quella domiciliare (+32,3 per cento) che presentano le variazioni più forti, anche per l’ampliarsi delle liste d’attesa e per l’aumento delle compartecipazioni, con la conseguente riduzione del differenziale tra tariffe pagate nel pubblico a quelle del settore privato.

Anche la spesa per assistenza a lungo termine è per poco meno del 77 per cento finanziata dall’operatore pubblico, ma nei sei anni osservati, a fronte di un aumento del 10,4 per cento di quella coperta dal pubblico, quella a carico delle famiglie è aumentata del 14 per cento, influenzata principalmente dagli aumenti della componente per assistenza ospedaliera (+11,5 per cento) e, soprattutto, di quella ambulatoriale e domiciliare (rispettivamente +32,3 e +32,9 per cento).

La spesa privata pro capite a livello nazionale è di circa 612 euro, essa varia tra i circa 720 euro delle regioni del Nord-Ovest e i 471 euro del Mezzogiorno. Ancora maggiori le differenze tra Regioni: dai 1.000 euro della Valle d’Aosta ai 420 della Campania.

La Corte punta, giustamente, la sua lente d’ingrandimento sulla spesa per il personale in quanto negli ultimi due anni sono divenuti più evidenti gli effetti negativi di due fenomeni diversi che hanno inciso sulle dotazioni organiche del sistema di assistenza: il permanere per un lungo periodo di vincoli alla dinamica della spesa per personale e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico.

Come messo in rilievo di recente, a seguito del blocco del turn-over nelle Regioni in piano di rientro e delle misure di contenimento delle assunzioni adottate anche in altre Regioni (con il vincolo alla spesa), negli ultimi dieci anni il personale a tempo indeterminato del SSN è fortemente diminuito. Al 31 dicembre 2018 era inferiore a quello del 2012 per circa 25.000 lavoratori (circa 41.400 rispetto al 2008).

La riduzione è stata particolarmente forte nel Molise, nel Lazio e in Campania a cui sono riferibili riduzioni superiori tra il 9 e il 15 per cento. Solo poco inferiori quelle di Calabria e Sicilia, mentre Abruzzo e Puglia hanno contenuto di molto le riduzioni, soprattutto considerando gli incrementi del personale a tempo determinato.

Molta attenzione è dedicata al monitoraggio dei LEA e alla valutazione della qualità dell’assistenza misurata anche in base alla mobilità utilizzata come indicatore del grado di attrazione e della propensione ad allontanarsi dall’azienda di residenza per usufruire delle prestazioni.

Qui si trova il rapporto completo:

https://www.corteconti.it/Download?id=9e8923ba-4ef4-480e-90f0-ef307c3fa756

Autore: francobrugnola

Scrittore, mi occupo prevalentemente degli enti locali e di sanità, settori nei quali ho lavorato molti anni come dirigente.

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