
La Corte dei conti il 28 maggio ha trasmesso alla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati la propria Memoria sul decreto-legge n. 34/2020 recante misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all’economia (A.C. 2500).
“Come già osservato in occasione della manovra finanziaria dello scorso marzo, in un contesto di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attraversando, la politica di bilancio è chiamata a giocare un ruolo indispensabile” osserva la magistratura contabile, aggiungendo che “La necessità di prevedere un lungo periodo di convivenza con il virus (in attesa degli sviluppi attesi sul fronte delle cure e del vaccino) richiede, innanzitutto, di rafforzare il sistema sanitario adeguandolo ad una emergenza particolare, consentendo in tal modo di corrispondere alle attese di cura dei cittadini. Di qui non si può che condividere lo sforzo operato nel decreto di incidere sull’assistenza territoriale, prevedendo misure che, pur concepite nell’emergenza, sembrano destinate a estendere la loro validità anche oltre tale limite”.
Il documento, richiesto nell’ambito del ciclo di audizioni sul d.l 34/2020, dopo aver esaminato il contesto macroeconomico in cui si colloca l’intervento e il quadro complessivo della manovra, si sofferma sulle singole misure e in particolare su quelle per la sanità scrivendo quanto segue.
Il decreto prevede per il sistema sanitario interventi per 3,2 miliardi nel 2020 e 1,7 miliardi nel 2021 (al lordo degli oneri riflessi), che si vanno ad aggiungere a quelli già stanziati con il decreto “Cura Italia” (1,4 miliardi). A tale importo si aggiungono poi 1,5 miliardi destinati alla Protezione civile per la gestione del prosieguo dell’emergenza.
Si tratta di misure che riguardano l’assistenza territoriale (1,256 miliardi nel 2020), il riordino degli ospedali ed il rafforzamento dei posti di terapia intensiva (1,467 miliardi), il personale sanitario (430,9 milioni), la sanità militare (87 milioni) e i contratti di specializzazione medica (105 milioni per finanziare 3.800 contratti di specializzazione medica in più).
Viene poi ridotta al 5 per cento dal 2021 e abolita, fino al 31 dicembre 2020, l’Iva su mascherine e altri prodotti utili in questa emergenza, una misura che comporta minori entrate per 257 milioni nell’anno in corso e 317 a partire dal prossimo esercizio.
Numerose poi le norme rilevanti ma prive di effetti finanziari, dirette a risolvere difficoltà di carattere pratico legate alla fase che stiamo vivendo, quali ad esempio il rinnovo delle prescrizioni farmaceutiche o il prolungamento della durata dei piani terapeutici per la fornitura di ausili e dispositivi medici, ma anche il potenziamento delle basi conoscitive del sistema sanitario.
All’art. 1 si prevede che le Regioni adottino piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale territoriale, per un monitoraggio costante e un tracciamento precoce dei casi e dei contatti, al fine della relativa identificazione, isolamento e trattamento. Dovranno essere incrementate le attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite e le altre strutture residenziali. I piani sono recepiti nei programmi operativi di cui all’art.18, comma 1, del decreto-legge 18/2020 (comma 1).
Complessivamente tali misure comportano una maggiore spesa di 1.256,6 milioni nel 2020 e 1.246,5 milioni a decorrere dal 2021. Mentre per l’esercizio in corso viene corrispondentemente innalzato il livello di finanziamento del fabbisogno nazionale standard cui concorre lo Stato, dal prossimo sono a valere sulle risorse previste a legislazione vigente.
Viene inoltre interamente ripartito tra le regioni l’importo autorizzato per il 2020, di cui 1.184,4 milioni in proporzione alla quota di accesso al fabbisogno indistinto, mentre le risorse destinate alle centrali operative sono ripartite in base ai costi di attivazione e funzionamento delle stesse. Per quanto riguarda il 2021 e anni successivi, si provvede alla ripartizione dei 480 milioni annui relativi all’assunzione degli infermieri di comunità. Nei limiti della maggiore spesa come ripartita, si autorizzano le regioni a derogare ai vincoli posti dalla legislazione vigente alle assunzioni di personale (comma 10).
In continuità con quanto già disposto nella recente decretazione d’urgenza connessa all’emergenza sanitaria, gli interventi normativi hanno assunto, naturalmente, carattere di straordinarietà e di eccezionalità che, tuttavia, non facilitano quel processo di armonizzazione delle regole in materia di lavoro pubblico, di cui continua ad avvertirsi la necessità. Anche nel provvedimento in esame, la gran parte delle misure che sono state adottate in materia di personale hanno riguardato principalmente il potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale attraverso l’estensione temporale delle modalità di reclutamento straordinario di personale medico ed infermieristico anche, in taluni casi, attraverso contratti di lavoro autonomo. Oltre al personale del SSN anche quello militare dell’area sanitaria è inserito in questo processo di rafforzamento emergenziale con specifiche previsioni. Altrettanto indispensabili, per far fronte al maggior carico di lavoro del personale coinvolto nell’emergenza, appaiono gli interventi normativi che alimentano, con risorse ad hoc, i fondi che remunerano la gravosità delle condizioni di lavoro oltre che i fondi per corrispondere i compensi per lavoro straordinario dei settori maggiormente esposti.
Pur non disconoscendo la complessità generale del momento la Corte, come peraltro già segnalato in recenti relazioni al Parlamento, auspica che la disciplina del personale che opera alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni possa formare oggetto di un più organico intervento normativo che consenta di ridurre le criticità che hanno caratterizzato il lavoro nelle pubbliche amministrazioni durante lo scorso decennio e che, data la fase emergenziale, si sono manifestate principalmente nel settore della sanità.
All’art. 2 si dispone il riordino della rete ospedaliera al fine, da un lato, di ridefinire e rendere strutturale la risposta alla domanda di aumento delle necessità assistenziali nel prosieguo della situazione infettivologa, anche facendo fronte ad eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica, e, dall’altro, di ripristinare gradualmente le attività ordinarie. Ciò, contestualmente alla previsione di una adeguata rete logistica, organizzata per la rotazione e distribuzione delle attrezzature e strumentazioni.
Le regioni dovranno garantire l’incremento di attività in regime di ricovero in terapia intensiva, tramite un apposito Piano di riorganizzazione.
Per tali finalità è autorizzato uno stanziamento di 1,467 miliardi per il 2020, di cui si dispone la ripartizione tra le regioni, al netto dei 54,3 milioni previsti per le strutture mobili. Ulteriori 25 milioni per gli oneri di manutenzione sono previsti a decorrere dal 2021, a valere sul livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per l’anno di riferimento.
A seguito dell’approvazione dei piani operativi, tali risorse sono trasferite al Commissario straordinario che procederà alla loro attuazione, in raccordo con le regioni ed eventualmente delegando i propri poteri ai Presidenti delle stesse. Le regioni e gli enti dei rispettivi SSR provvedono alla rendicontazione delle spese sostenute, come previsto dall’art. 18 del decreto-legge 18; qualora le regioni abbiano già provveduto alla realizzazione delle opere prima dell’entrata in vigore del decreto in esame, il Commissario provvede a finanziarle a valere su tali risorse.
Per la realizzazione delle opere edilizie, che sono proprietà delle rispettive aziende del SSN, si può procedere in deroga alle disposizioni di cui al d.P.R. 380/2001, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali e, sino alla fine dello stato di emergenza (31 gennaio 2021) agli obblighi del d.P.R. 151/2011.
È poi disposta una spesa di 430,9 milioni per il 2020 e 347 milioni a decorrere dal 2021 per il personale sanitario. Gli importi, di cui si dispone la ripartizione in base alle quote di accesso al finanziamento del FSN, sono relativi per 51,9 milioni (83,2 milioni nel 2021) al personale necessario all’operatività dei mezzi di trasporto (comma 5, 2° periodo), da assumere con decorrenza 15 maggio 2020; per 189 milioni nel 2020 (263,9 dal 2021) ad integrazione delle somme previste dal decreto-legge 18/2020 per le assunzioni del personale ospedaliero necessario al rafforzamento dei posti di terapia intensiva (commi 1 e 7); per 190 milioni ad integrazione delle risorse stanziate dal decreto-legge 18, di cui si dispone la modifica dell’articolo 1, commi 1 e 2, al fine di utilizzarle non solo per la remunerazione del lavoro straordinario, ma più in generale come riconoscimento di un’indennità per le condizioni di lavoro più gravose (comma 6)..
L’articolo 2 comma 6 estende la portata applicativa di una delle disposizioni già contenute nel d.l. n. 18/2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020), con cui erano state individuate risorse ulteriori per far fronte alle “prestazioni di lavoro straordinario” del personale coinvolto nell’emergenza sanitaria. La Corte aveva già segnalato in occasione dell’audizione parlamentare per la conversione del citato provvedimento d’urgenza, che sarebbe stato necessario riformulare la previsione normativa tenendo conto della nuova articolazione delle risorse contrattuali definita nei recenti contratti nazionali di lavoro del personale medico e delle professionalità sanitarie. La formulazione ora proposta, pertanto, fa riferimento ai fondi che remunerano tutte le particolari condizioni di lavoro e non solo i compensi per il lavoro straordinario. La disposizione consente, inoltre, alle regioni ed alle province autonome di aumentare la quantità complessiva delle risorse già stanziate per i fondi contrattuali in questione, fino al doppio del loro attuale valore.
Si autorizzano inoltre le regioni, comprese quelle in Piano di rientro, a riconoscere alle strutture inserite nei piani adottati in attuazione dell’art. 3, comma 1, lett b), del d.l. 18 la remunerazione di una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti e alla gestione dell’emergenza e un incremento tariffario per le attività rese a pazienti Covid. (art. 4).
Nelle conclusioni, la Corte avverte: “Come già osservato in occasione del decreto dello scorso marzo, determinante sarà erogare rapidamente agli aventi diritto i fondi stanziati, riducendo al minimo quei passaggi amministrativi non indispensabili che possono determinare un rallentamento e, quindi, una riduzione nell’efficacia delle misure assunte”.