L’EMERGENZA SANITARIA TERRITORIALE E I PUNTI DI PRIMO INTERVENTO

L’art. 10 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale stabilisce che alla gestione unitaria della tutela della salute si  debba provvedere in modo uniforme sull’intero territorio nazionale mediante una rete di Unità Sanitarie Locali e che le stesse siano articolate in Distretti sanitari di base, quali strutture tecnico-funzionali per l’erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento, assicurando quindi la prossimità di questo servizio ai cittadini che rappresenta l’unico modo per dare risposte tempestive e salvare la vita ai pazienti specialmente in considerazione delle distanze e dei conseguenti tempi necessario per raggiungere l’ospedale più vicino.

Con Decreto del Presidente della Repubblica in data 27 marzo 1992 è stato approvato l’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza che segna, secondo alcuni la nascita del sistema di emergenza territoriale prevedendo la fase di allarme e quella di risposta. L’esito positivo degli interventi è condizionato dall’intervallo di tempo che intercorre tra il verificarsi dell’evento e la qualità ed efficacia dei primi soccorsi nonché dall’adeguatezza dell’intervento sanitario.

L’art. 10 di detto Decreto del Presidente della Repubblica prevede che il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, possa essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio.

I termini emergenza-urgenza vengono spesso utilizzati in maniera indifferente, qui vengono riportate due definizioni tratte dalla letteratura:

Per EMERGENZA: si riferisce a condizioni patologiche ad insorgenza improvvisa e di rapida evoluzione in cui le condizioni del paziente sono talmente critiche da comprometterne la vita, dal che nasce la necessità di interventi eccezionali ed immediati

Per URGENZA ci si riferisce invece a condizioni patologiche che pur avendo insorgenza improvvisa, creano sofferenza e rischi per la vita dal che nasce la necessità di interventi, decisioni e soluzioni da parte del personale di assistenza medica da adottare nel minor tempo possibile;

Con decreto ministeriale in data 15 maggio 1992 sono stati stabiliti i criteri e i requisiti per la classificazione degli interventi di emergenza;

Le linee guida n.1/1996 approvate dalla Conferenza Stato – Regioni nella seduta dell’11 aprile 1996 prevedono che le modalità di risposta all’emergenza-urgenza si articolino su quattro livelli di operatività: Punti di primo intervento, Pronto Soccorso ospedaliero, Dipartimenti di emergenza-urgenza ed accettazione di primo livello, Dipartimenti di emergenza, urgenza ed accettazione di secondo livello.

Ogni Regione ha provveduto a dare attuazione a queste disposizioni individuando nello specifico i requisiti dei Punti di primo Intervento:

Finalità: I Punti di Primo Intervento garantiscono la stabilizzazione del paziente in fase critica attivando, tramite C.O. 118, il trasporto presso l’ospedale più idoneo secondo protocolli definiti e un primo intervento medico in caso di: patologie diagnosticate ed ingravescenti; malesseri non ben definiti; piccoli atti medico–chirurgici; diagnostica strumentale semplice. L’orario di effettivo funzionamento copre di norma le 24 ore. Nelle zone ad alta densità turistica i Punti di Primo Intervento territoriale possono essere a carattere stagionale con adeguamento del servizio ai flussi.

Rispetto alle condizioni già definite critiche di un paziente con la stabilizzazione si fornisce un trattamento medico necessario ad assicurare, con ragionevole probabilità da un punto di vista medico, che non si determini alcun deterioramento delle condizioni di salute descritte nel paziente critico durante il trasferimento dell’ individuo da un ospedale verso un altro.

I punti di primo intervento rappresentano una articolazione sul territorio dei DEA, cui afferiscono e si collegano. I punti di primo intervento sono ubicati preferibilmente presso poliambulatori territoriali e/o ospedali non sede di DEA e Pronto Soccorso. Si integrano tra:
-punti di primo intervento collocati presso presidi delle Aziende U.S.L.;
-punti di primo intervento fissi, mobili o occasionali;

Requisiti Strutturali: due ambulatori per visita; un ambiente per l’attesa; un locale per stazionamento del personale; depositi; servizi igienici, distinti per personale ed utenti;

Requisiti Tecnologici: Attrezzature di base per ambulatorio di tipo ospedaliero, compresa la disponibilità di O2, integrate con: elettrocardiografo; aspiratore; monitor–defibrillatore; set per sostegno alle funzioni vitali e materiale per effettuare una rianimazione cardiopolmonare di base ed avanzata, sia per adulto che per bambino (maschere facciali di tutte le misure, pallone autoespansibile, circuito ventilatorio unidirezionale, laringoscopio e lame curve e rette per intubazione tracheale, mandrini per armare in tubi orotracheali, sistemi per mini – tracheotomia d’urgenza, maschere laringee di tutte le misure, cannule di Guedel di tutte le misure, catheter mounth, tubi tracheali di tutte le misure, set per incannulazione vena centrale, erogazione O2, set per drenaggio toracico, valvole di Heimlich).Collegamento telefonico con la Centrale Operativa e il DEA di riferimento;

Requisiti Organizzativi: Devono essere previsti specifici protocolli scritti di collegamento operativo con la Centrale Operativa, il DEA di riferimento, i medici di base del territorio di riferimento.

La dotazione di personale non può comunque essere inferiore a: un infermiere per tutto il tempo di apertura del servizio e un medico presente per tutto il tempo di apertura del servizio. Per quanto riguarda i requisiti che devono essere posseduti dal personale medico dei PPI quasi tutte le Regioni applicano l’art. 96 dell’Accordo Collettivo Nazionale della medicina generale che non prevede la specializzazione ma solamente un attestato di formazione specifica.  

Non è prevista la presenza di ausiliari per cui nei PPI che non sono inseriti in una struttura sanitaria più ampia come avviene spesso nelle Case della salute, nel caso di interventi cruenti con molto sangue i medici sono spesso costretti a pulire.

L’attività di Emergenza Sanitaria Territoriale deve essere svolta in modo integrato con le attività di emergenza intraospedaliera assicurate nei PS/DEA e con le attività effettuate nell’ambito dell’Assistenza sanitaria di base e Continuità assistenziale.L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa delle attività aziendali e va inteso come centro di responsabilità.  Il dipartimento costituisce tipologia organizzativa e gestionale volta a dare risposte unitarie flessibili, tempestive, razionali ed esaustive rispetto ai compiti assegnati, nell’ottica di condivisione delle risorse.

Il dipartimento aggrega strutture organizzative omologhe, omogenee, affini o complementari che perseguono comuni finalità e, pur conservando ciascuna la propria autonomia clinica e professionale, sono tra loro interdipendenti nel raggiungimento degli obiettivi e nell’utilizzo delle risorse.

Il dipartimento di emergenza e accettazione (DEA) è il modello organizzativo multidisciplinare che comporta l’integrazione funzionale delle unità operative e servizi sanitari necessari ad affrontare il problema diagnostico e terapeutico dei cittadini in situazioni di emergenza e/o urgenza sanitaria.

Il DEA di un’azienda sanitaria locale dovrebbe rappresentare il collegamento funzionale nell’ambito del bacino di utenza e nel territorio di competenza tra i presidi territoriali ed i servizi e le divisioni dell’ospedale di riferimento comunque impegnati nell’urgenza.

Pertanto dovrebbe essere   transmurale (ospedale- territorio).         

Le più recenti indicazioni della Federazione Italiana Medicina e Urgenza per l’organizzazione del il Sistema di Emergenza-Urgenza tengono conto dell’organizzazione hub e spoke della rete ospedaliera e delle reti per le malattie tempo-dipendenti e della necessità di proporre un modello organizzativo unico quale il Dipartimento Integrato d’Emergenza (DIE). Il DIE si configura come un dipartimento mono-specialistico territorio-ospedale, per bacino di utenza di 600.000-1.200.000 abitanti, anche interaziendale, dove governare tutte le articolazioni organizzative individuate nell’emergenza pre-ospedaliera (C.O.118, mezzi di soccorso diversificati per complessità dell’equipaggio) ed ospedaliera (PS,OBI, Medicina d’Emergenza-Urgenza e semintensiva) e dove integrare le loro attività e performance.

Nel 2015 previa intesa, raggiunta in conferenza Stato-Regioni, con Decreto del Ministro del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze in data 2 aprile 2015, n. 70 è stato approvato il Regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e qualitativi relativi all’assistenza ospedaliera che al punto 9.1.5 prevede la trasformazione dei Punti di Primo intervento in postazioni medicalizzate del 118 entro un arco temporale predefinito (ma non fissa alcuna data), implementando l’attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA HUB o spoke di riferimento e Distretto, mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella dell’assistenza primaria.

Il DM 70/2015 non ha pertanto stabilito una data per la chiusura dei PPI subordinando peraltro detto evento all’avvenuta implementazione dell’assistenza sanitaria territoriale.

Molte Regioni in base a quanto previsto dal decreto 70/2015 hanno chiuso vari ospedali e con essi i Pronto Soccorso creando dei vuoti nel sistema di emergenza urgenza che è stato solo in parte tamponato dai PPI.

La scelta di chiudere anche i PPI è stata fatta evidentemente sulla base dell’errata cognizione di chi pensa che ai PPI ricorrano solo i cronici mentre la casistica è molto variata: incidenti, ferite, punture di insetti, bambini che ingoiano oggetti, ecc.         

Il nuovo DPCM del 12 gennaio 2017 con cui sono stati approvati i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza all’art. 7 stabilisce che il Servizio Sanitario Nazionale debba garantire, in situazioni di emergenza/urgenza in ambito territoriale extraospedaliero, interventi sanitari tempestivi e finalizzati alla stabilizzazione del paziente, assicurando il trasporto in condizioni di sicurezza al presidio ospedaliero più appropriato.

Al momento il sistema di risposta dell’emergenza sanitaria territoriale è molto variegato da una Regione all’altra il che è fonte di preoccupazione da parte delle Società scientifiche che si occupano di questo campo della medicina e che stanno organizzando per la primavera del prossimo anno gli Stati generali dell’emergenza/urgenza: un modo per fare il punto della situazione e di suggerire ai governanti i provvedimenti da prendere per garantire una risposta omogenea si tutti il territorio nazionale.

Nel frattempo il Ministro Speranza ha trasmesso alla conferenza delle Regioni la bozza del Patto per la salute 2019-2021 sul quale, con alcune modifiche, è stata raggiunta l’intesa in sede di Conferenza Stato regioni e province autonome il giorno 18 dicembre scorso e che alla scheda 15 intitolata Revisione del DM 70/2015 recita:  “Come previsto dalla stessa norma, a quattro anni dalla sua adozione, si conviene sulla necessità di revisione del Decreto, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle diverse Regioni, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali e prevedendo specifiche deroghe per le regioni più piccole”.

Sarà questa l’occasione per dare finalmente a livello nazionale una organizzazione omogenea e più adeguata alle aspettative dei cittadini costringendo tutte le regioni ad adottare un Piano integrato dell’emergenza/urgenza e a riconoscere l’importanza di questo servizio inserendolo tra i servizi da monitorare a livello nazionale come la prevenzione, l’assistenza territoriale e quella ospedaliera, modificando anche i LEA?

Autore: francobrugnola

Scrittore, mi occupo prevalentemente degli enti locali e di sanità, settori nei quali ho lavorato molti anni come dirigente.

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