
Il quotidiano “Italia oggi” nei giorni scorsi ha presentato i risultati della sua 21a inchiesta realizzata in collaborazione con l’Università “La Sapienza” in collaborazione con la Cattolica Assicurazioni. L’indagine, come per gli altri anni è stata volta per province ed ha tenuto conto della riduzione del loro numero che da 110 è passato a 107 a seguito della riduzione del loro numero nella regione Sardegna. Per quanto riguarda la salute ci sono state alcune variazioni rispetto al passato in quanto sono stati introdotti nuovi indicatori e ne sono stati abbandonati altri: in pratica per quanto riguarda la salute sono stati aumentati gli indicatori relativi ai posti letto per mille abitanti e quelli relativi alle apparecchiature per la diagnostica, mancano invece quelli relativi al personale con il rapporto tra personale dipendente e posti letto probabilmente anche a causa delle difficoltà in taluni casi di acquisire i dati in maniera distinta per presidio per quanto riguarda gli ospedali gestiti da aziende sanitarie locali. Il primo grafico che ho potuto elaborare grazie alla pubblicazione dell’inchiesta su “Italia oggi sette” il supplemento settimanale del quotidiano che ha curato l’organizzazione è quello sulla qualità complessiva della salute in Italia che conferma purtroppo le molte disuguaglianze tra nord e sud e non solo. Ho provato a sviluppare un ulteriore grafico che prende in esame le province del Lazio.

Come si può vedere le differenze tra la provincia di Roma, collocata al 14° posto e le altre province del Lazio è stridente, anche se queste ultime hanno fatto qualche piccolissimo passo in avanti. Ma i problemi cominciano ad essere più evidenti mano mano che ci addentriamo nelle varie tematiche anche se spiace che gli autori dell’inchiesta non abbiano affrontato gli aspetti dell’assistenza territoriale. Una lunga serie di dati riguarda come accennato i post letto e anche in questo caso ho provato a fare una elaborazione per quanto riguarda le province del Lazio

Come anticipato prosegue la discrasia tra i letti a disposizione dei cittadini della provincia di Roma, dislocati specialmente nella Capitale e il resto del Lazio.
Tale considerazione è confermata dalla stessa deliberazione della giunta regionale n. 149/2007 a seguito dell’accordo per il Piano di rientro sottoscritto il 28 febbraio 2007 nel quale troviamo scritto che “Il quadro regionale dell’offerta assistenziale risulta quanto mai diversificato e squilibrato sul territorio per lo più a vantaggio dell’area metropolitana, dove insiste la grande maggioranza dell’offerta ospedaliera: Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, Aziende ospedaliere, Aziende universitarie, Ospedali classificati, strutture private accreditate. Ciò determina una debolezza della rete nelle province con disagio per i cittadini e fenomeni di mobilità sanitaria”.
Eppure nella citata deliberazione 149/2007 tra gli obiettivi specifici troviamo (punto 2.1) che si prevedeva un “potenziamento delle attività distrettuali per il governo della domanda orientato a garantire la continuità assistenziale l’accesso alle cure appropriate”, nonché “equità delle prestazioni per tutti i cittadini del territorio regionale” e “sviluppare il massimo dell’efficienza e del rigore sulle risorse disponibili per un ‘efficace rapporto costi/benefici nella salute”
Invece di dare attuazione a queste indicazioni e quindi proseguire nel processo di decentramento avviato durante la gestione Badaloni dall’assessore Cosentino, durante successiva gestione commissariale e per molti anni non sono stati avviati adeguati processi per riorganizzare l’offerta, ma anzi sono stati chiusi molti ospedali sul territorio riducendo la disponibilità di letti e di servizi costringendo i pazienti a pesanti mobilità verso la Capitale.
La fotografia attuale è che anche per quanto riguarda le apparecchiature sanitarie proseguono le disuguaglianze il che si traduce anche in ritardi nelle liste di attesa costringendo spesso i pazienti alla spesa out of pocket .

Ma la cosa che desta maggiore preoccupazione è che, nonostante lo sviluppo degli studi epidemiologici e la disponibilità di dati vi sia uno scollamento notevole tra quelle che sono le cause di morte per tumore e i posti letto per la cura di questa grave malattia come mostrato nel grafico che segue nel quale ho utilizzato i dati forniti nella parte dell’inchiesta sulla sicurezza sociale (morti per tumore tratti molto probabilmente dal Registro nazionale delle cause di morte – RENCAM) e quelli dei posti letto per mille abitanti contenuti nella parte dell’inchiesta dedicata alla salute.

Infine, per i più curiosi, ho provato ad integrare l’inchiesta di Italia Oggi con il rapporto tra personale e popolazione che quest’anno, come ricordato è stato tralasciato. Ho utilizzato gli atti aziendali e, dove erano disponibili nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web, i dati del Conto Annuale, così, sia pur con qualche difficoltà e con numeri talora un poco datati ho ottenuto il seguente risultato

La situazione del personale nel Lazio dal 2007 (anno in cui è iniziato il blocco delle assunzioni previsto del Piano di rientro e dalle altre norme) ad oggi è peggiorata molto e solo nel’ultima parte del 2018 ha cominciato ad essere introdotto qualche elemento per l’inversione di tendenza con il DCA U00045 in data 31 ottobre 2018 e con la successiva determinazione G14180 del 23 novembre 2018 con le quali è stato definito il fabbisogno delle aziende per i prossimi tre anni (2019, 2020 e 2021); peraltro le scelte fatte non sembra che tendano al riequilibrio del rapporto personale/popolazione attese le disuguaglianze mostrate dal grafico precedente che ha come punta l’azienda USL Roma 2 che, grazie all’accorpamento delle ex aziende Roma B e C è arrivata ad avere 8.442 dipendenti (dato fornito dal direttore generale nell’atto aziendale) con un rapporto dell’ 8,42 per mille (anche se ricordiamo che deve gestire tre ospedali), mentre altrove il rapporto è di gran lunga più basso e in molti casi insufficiente.