
L’art. 10 del DPR 128/1969 prevedeva che le amministrazioni ospedaliere potessero realizzare, nell’ambito di ciascun presidio, strutture organizzative a tipo dipartimentale tra le divisioni, sezioni e servizi affini e complementari, al fine della loro migliore efficienza operativa, dell’economia di gestione e del progresso tecnico e scientifico.
L’art. 55 della legge 148/1975 ha modificato la norma citata sottolineando l’esigenza di giungere attraverso il dipartimento all’integrazione tra le funzioni territoriali anche socio sanitarie e quelle ospedaliere.
Con DM dell’8 novembre 1976 sono state infine forniti orientamenti per l’attuazione delle strutture dipartimentali ospedaliere e i collegamenti con le altre strutture sanitarie.
In particolare l’art.1 di detto decreto stabilisce che il Dipartimento deve realizzare i seguenti obiettivi:
- La convergenza di competenze e di esperienze scientifiche, tecniche ed assistenziali di gruppi e di singoli operatori sanitari, per consentire l’assistenza sanitaria completa del malato;
- L’incremento della ricerca e il collegamento tra didattica e assistenza;
- Il miglioramento delle tecniche sanitarie a livello interdisciplinare;
- L’aggiornamento e il perfezionamento professionale degli operatori sanitari di ogni livello, ai fini di un’assistenza sanitaria sempre più qualificata e paritaria per tutti i cittadini;
- Il superamento delle disfunzioni che determinano tempi lunghi o inutili degenze;
- L’umanizzazione dei rapporti tra strutture sanitarie, operatori sanitari, utenti del servizio sanitario e loro familiari;
- La corresponsabilizzazione di tutti gli operatori sanitari sul piano professionale, in relazione alle rispettive mansioni o funzioni anche con riguardo alle esigenze organizzative;
- I collegamenti tra le competenze ospedaliere e quelle di altre strutture sanitarie per quanto attiene agli interventi di tipo preventivo, curativo e riabilitativo e all’educazione sanitaria.
Il dipartimento di emergenza e accettazione è stato il primo ad essere normato grazie al DPR 27 marzo 1992 secondo le specificazioni contenute nell’Atto di intesa tra Stato e regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria
Con l’avvento della riforma sanitaria ed in particolare con l’art. 17 sono state confermate l’organizzazione dipartimentale e il principio del collegamento tra i servizi ospedalieri ed extra ospedalieri della integrazione delle competenze in modo da valorizzare anche il lavoro di gruppo.
Tale impostazione è stato poi ribadita dal D.lgs 502/1992 con il quale l’organizzazione dipartimentale è stata prescelta come modello da utilizzare sia nelle aziende ospedaliere che nelle aziende sanitarie locali[1].
Secondo Guzzanti il dipartimento «è una federazione di unità operative/servizi che mantengono la loro autonomia, indipendenza e responsabilità, così come quella di ciascuno dei soggetti che lo costituiscono e che, nel medesimo tempo, riconoscono la loro interdipendenza, in funzione del raggiungimento di comuni obiettivi ed adottano codici concordati e consensuali di comportamenti clinico-assistenziali, didattici e di ricerca con accettati e condivisi risvolti operativi, collaborativi, etici, medico-legali ed economici».
Secondo il Ministero della salute[2] il Dipartimento è una organizzazione integrata di unità operative omogenee, affini o complementari, ciascuna con obiettivi specifici, ma che concorrono al perseguimento di comuni obiettivi di salute.
Esso, con il supporto di un sistema informativo adeguato alla valutazione della produttività e degli esiti di salute, rappresenta il modello organizzativo favorente l’introduzione e l’attuazione delle politiche di governo clinico quale approccio moderno e trasparente di gestione dei servizi sanitari e costituisce il contesto nel quale le competenze professionali, ponendosi quale fattore critico per il conseguimento degli obiettivi del dipartimento, rappresentano la principale risorsa dell’organizzazione.
L’atto aziendale deve prevedere l’organizzazione dipartimentale di tutte le unità operative presenti.
I dipartimenti previsti espressamente dalla normativa sono: il dipartimento di emergenza sanitaria (Linee guida n.1/1996), il dipartimento di prevenzione (artt.7 e segg. del D.lgs 502/1992), quello di salute mentale (DPR 7/4/1994) e quello materno infantile (DPR 1/3/1994), le cui articolazioni organizzative trovano collocazione funzionale anche nel distretto.
Molte regioni hanno emanato norme sui dipartimenti.
I criteri di aggregazione dei dipartimenti più frequenti sono: per aree omogenee, per branca specialistica, per età degli assistiti, per organo/apparato, per settore nosologico e per momento di intervento sanitario/intensità e gradualità delle cure.
Il dipartimento grazie all’integrazione fisica (spazi, tecnologie, risorse umane), organizzativa (coordinamento delle risorse) e clinica (coordinamento spazio temporale del personale sul medesimo processo) consente di elevare l’efficienza, la qualità dei risultati assicurando il contenimento dei costi.
Possiamo così classificare i dipartimenti in base alla tipologia delle unità operative che ne fanno parte[3]:
- Aziendale: nel caso in cui sia costituito da unità operative della stessa azienda;
- Interaziendale: nel caso in cui ne facciano parte unità operative di più aziende.
Un altro tipo di dipartimento è caratterizzato dalla collocazione delle unità operative che lo compongono:
- Ospedaliero: se in esso sono aggregate solo unità operative ospedaliere;
- Transmurale: consigliato nelle aziende sanitarie locali, composto da unità operative ospedaliere e territoriali, in genere della stessa disciplina;
Possiamo avere ancora dipartimenti:
- Funzionali: che non mettono in comune spazi e risorse;
- Strutturali: che utilizzano spazi e risorse comuni.
Le regioni hanno infine scelto modelli diversi anche per quanto riguarda il tipo di governo dei dipartimenti: forte e gerarchicamente organizzato, oppure con una direzione più debole che si limita a coordinare.
Pertanto le aziende sanitarie locali dovrebbero favorire la creazione di dipartimenti transmurali come quello per l’emergenza integrando, sulla base delle funzioni omogenee svolte, i presidi che sul territorio si occupano di emergenza/urgenza. Una diversa organizzazione sarebbe un errore oltre a creare problemi di ingestibilità.
[1]A. CICCHETTI (a cura di), I dipartimenti ospedalieri nel servizio sanitario Nazionale, Franco Angeli, Milano 2012
[2]Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema
[3]F.PESARESI, I dipartimenti ospedalieri, ASI Editore, Roma, 2000